COVER_STRANOS ELEMENTOSNonostante la mia tenera età, i cari fratellini rappers – #StranosElementos – continuano a chiamarmi nelle loro imprese. Il loro ultimo lavoro è fantastico. E con un bel po’ di contributi fortissimi che elenco più sotto. Il disco si può scaricare interamente gratis a questo link su YouTube. La tematica? Lo dice il titolo stesso: una denuncia della vera Sardegna di oggi, colonizzata, invasa dai militari, inquinata, espropriata. Una Nazione senza diritti… la terra dei tumori e delle bombe. Per saperne di più, un’intervista su NOOTEMPO a questo link.

Oro Incenso e Quirra

Ecco il mio pezzo con la traduzione per chi non capisse il sardo-logudorese. S’intitola “A unu sard’ arressu” ed ho fatto una scommessa con me stesso: calare nel rap metri classici attingendo (e adattando) forme sardo-ispaniche che probabilmente hanno almeno quattro secoli (la struttura è: undhighina cun serrada / sestina retrogada). Ma, in fondo, basta restare sempre nel 4/4…

i contributi al disco sono di:

✘ Acero Moretti
✘ Alberto Masala
✘ Arricardu Pitau
✘ Camicie di Forza
✘ Dj Dras alias Sandro Rocchigiani
✘ ERGOBEAT
✘ Feitz
✘ Futta
✘ Pietro Rigosi
✘ MALAM InTè
✘ Marco Colonna
✘ Micho P Maloscantores
✘ Quilo kg Sa Razza
✘ Peterson Junior
✘ Su Akru
✘ Tone Abstract
✘ Tony Covarrubias

a supporto della Libreria Odradek
Ingresso 5€ – è gradita la prenotazione
prevendita biglietti c/o Odradek, via Torre Tonda,
da Mercoledì 19 Ottobre

Bianca Pitzorno: una sua bellissima lettera da “la Nuova Sardegna” del 12 febbraio 2011

Care ragazze ‘usa e getta’
di Bianca Pitzorno

Care Noemi, Iris e Karima, care sorelline minori, care giovanissime amiche nell’occhio della bufera, domani io sarò in piazza. Sarò in piazza non contro di voi, ma anche per voi, ragazzine che solo pochi anni fa avreste potuto essere mie lettrici. Quando nel 2009 lessi i primi spontanei racconti di Noemi appena diciottenne sulla sua “amicizia” che durava da diversi anni; quando vidi il suo viso angelico (anche a me fece questa impressione) alla festa del compleanno, e più avanti il suo book con foto molto diverse, il mio primo pensiero fu: “Bambina mia, ma cosa ti hanno fatto?”.

Per un lungo periodo della mia vita ho dedicato la mia scrittura a voi ragazzine, ho raccontato la vostra vita, i vostri sofferti rapporti con “i grandi”, e da voi sono stata letta, amata e scelta a confidente.

Ho visto come cambiavano nel corso del tempo i modelli che vi offrivano gli adulti, e come molte di voi cadevano per fragilità nella trappola. Se negli anni Ottanta mi scrivevate per discutere di filosofia, di giustizia, di religione, di senso della vita, di come sognavate il vostro futuro e di come volevate cambiare il mondo, in seguito le vostre lettere cominciarono a esprimere soltanto l’ammirazione e l’invidia perché “ero famosa”, perché avevo lavorato alla Rai; cominciarono a dichiarare il vostro desiderio di “sfondare” in tv.

Se prima volevate raggiungere la notorietà, anche televisiva per qualcosa di grande, bello e utile che avevate fatto – scoprire la cura definitiva per il cancro, debellare la fame nel Terzo Mondo, andare sulla luna – adesso il vostro desiderio di apparire era fine a sé stesso, mero certificato di esistenza.

Vi stavano convincendo pian piano a rinunciare all’autostima, a non volervi bene, a non sognare alto. E voi, nella fase delicata e fragile della vostra formazione, vi adeguavate ai modelli che arrivavano con insistenza martellante dal teleschermo, vi rassegnavate a specchiarvi negli occhi di quegli adulti che dell’a dolescenza apprezzano solo la freschezza del corpo, e ne temono gli entusiasmi e l’utopia. Noi sorelle maggiori abbiamo cercato di opporci, di mostrarvi altri modelli.

Per questo ci siamo prese, come ci prendiamo oggi, delle bacchettone e delle moraliste; delle vecchie invidiose dei successi da voi raccolti grazie alla vostra freschezza. Quelli che giorno dopo giorno vi riducevano a “cose”, a merce da comprare e vendere, sono gli stessi che in Parlamento insultavano Rita Levi Moltalcini con l’epiteto di “pannolone”. Sono gli stessi che in piazza gridavano di voler difendere la santità della famiglia.

Quelli che a gran voce strillavano chiedendo di togliere la vergogna della prostituzione dalle strade, da sotto gli occhi puri dei loro figli, e poi compravano nei vialoni bui le prostitute bambine dell’Est Europa, incrementandone il traffico, favorendone di fatto la riduzione in schiavitù. Che le nuove schiave fossero adolescenti di 14, 15, 16 anni saltava agli occhi di chiunque. Ma i loro utilizzatori finali stragiuravano di essere stati ingannati dalle astute ragazzine, di essere convinti in buona fede che la merce da loro comprata avesse più di vent’anni e dunque fosse “ legale”. Che dietro alla protestata libertà di prostituirsi ci fosse un’organizzazione, vietata questa sì dalla legge anche per le maggiorenni, rifiutavano di vederlo.

Se è vero quello che sostiene l’accusa, se risulterà che davvero avete fatto e ricevuto quelle telefonate, anche nel vostro caso ci sarebbe stata una organizzazione e scarsissima reale libertà. Vi avrebbero adocchiato, selezionato, messo a catalogo, confezionato, consegnato al domicilio del cliente.

Come pacchi, come merce di lusso, non come esseri umani. Già lo avete capito: quei ricchi e anziani signori che vi avrebbero venduto e comprato non sono vostri amici, non vi difenderanno, non vi proteggeranno, anche se ora vi offrono altro denaro e l’a ssistenza dei loro astutissimi e costosi avvocati. Il cui scopo è unicamente quello di salvare – con le bugie che vi suggeriscono, che vi impongono – i loro clienti. E voi come sempre, dopo l’uso, verrete buttate a mare.

Io e molte altre donne che potremmo essere le vostre madri, questo lo sappiamo bene e – insieme a molti uomini decenti che potrebbero essere vostri padri o fratelli – domani non manifesteremo contro di voi, non intendiamo sottolineare la nostra virtù dichiarandola superiore al vostro vizio.

Noi ci schiereremo al vostro fianco come uguali, per difendere oltre al nostro, il vostro valore di persone, per raccontarvi che nonostante quello che vi hanno detto i cinici e interessati mezzani, una donna si può realizzare, può guadagnarsi la vita, si può divertire, può essere utile, può “esistere” agli occhi degli altri – e persino essere felice – in un altro modo, senza rinunciare alla propria dignità.

Per raccontarvi, noi “bacchettone”, che il sesso non è squallido esercizio di sopraffazione riservato ai ricchi viziosi, ma può essere, per tutti e per tutte, una scelta libera, una attività piacevole, gratuita e pulita. Siete giovani ancora, e potete ancora essere felici e libere. Ve lo auguro di tutto cuore.

(12 febbraio 2011)

 

domenica 23 gennaio, nel cinema di Ales, ultima giornata dell’evento “Il nostro Gramsci” organizzato dalla casa natale di Antonio Gramsci per i 120 anni della sua nascita – una grande serata con Marcello Fois, Giulio Angioni, Michela Murgia, Gavino Angius

concerto di chiusura
per Gramsci e per Sanguineti
con una riedizione dello “storico” trio:
Alberto Masala, Paolo Angeli, Riccardo Pittau

buon compleanno al nostro Gramsci!
120 anni – e non li dimostra ….
a quelli che pensano che tutto si possa comprare…
a quelli che invece resistono…
a quelli che parlano d’arte…
a quelli che dicono di fare arte…
a quelli che vanno a tutti i vernissages…
a quelli che guardando l’arte pensano “com’è rivoluzionaria”…
a quelli che “la creatività”…
a quelli che “io sono un artista”
o peggio “io sono un giovane artista”…
ai “curatori” che cercano di “curare” l’arte da tutto ciò che possa infastidire…
il mural di blu al Moca di Los Angeles

Da sempre medito, parlo e scrivo sulla funzione dell’arte nel contesto sociale contemporaneo. Senza tanti giri di parole, la sorte dell’opera di BLU a Los Angeles è esemplare per chiarire qual’è il rapporto fra la gestione di sistemi di controllo sociale e le voci “altre”.

Il sistema – che qui per comodità chiameremo MOCA, ovvero Museum of Contemporary Art di Los Angeles – vista la fama del nostro amico, gli commissiona un’opera senza considerare per cosa e perché lui è così famoso.

Pensando di poter comprare tutto, e con la lungimiranza di cui sono sicuramente dotati i curatori americani o di qualsiasi altro posto – tranne quasi tutti quelli italiani, universalmente noti per la loro vigliaccheria e la propensione all’arte che conviene, tranquillizzante e decorativa – ingaggiano chi oggi agisce in evidenza, chi mostra genialità, quelli che loro chiamano, con un termine orribile e carico di superficialità, i creativi.

Ma è un tentativo che spesso si ritorce contro la visione dell’arte di cui sono fautori. Un’arte pacificante che, appiattendo tutto, conforta una società repressiva che, per chiamarsi democratica, ha bisogno di affidare alla rappresentazione che ne fanno gli artisti in una specie di psicodramma collettivo il concetto fondante (e sempre fittizio) della loro democrazia: la libertà. Qui siamo liberi, vedete? Si può parlare di qualsiasi cosa… scordandosi di aggiungere un concetto funzionale: “purché gestibile”.
Con la maggior parte degli artisti gli va bene: loro tacciono, fingono, sono complici, lavorano insieme sulla produttività dello ‘scandalo’ e, nonostante Benjamin e Debord ne avessero già smascherato i meccanismi quaranta o cinquant’anni fa, ne gestiscono i ritorni economici e mediatici.
Loro ottengono di confortare il sistema con ‘circenses di qualità’ gli artisti guadagnano bene e, soprattutto, guadagna ancora meglio il loro EGO: li fanno entrare nel meccanismo della gloria e della fama…

Ma qualche volta gli va storta, specialmente se fanno il passo più lungo della gamba rivolgendosi a quelle ‘arti pericolose’ come la street art, che, per sua stessa definizione, non accetta di essere deportata in quei leccatissimi lager del pensiero artistico che oggi sono i musei, e né tantomeno di essere ridimensionata a pop art.

Ecco un bell’articolo con tanti links che racconta delle disavventure di Jeffrey Deitch, lo sprovveduto curatore del MOCA che, da ex mercante d’arte discutibilmente assurto a gestore di pensiero, credeva, come molti anche qui in Italia, che tutto ha un prezzo.

Finché poi ha incontrato BLU che l’ha fatto pentire…

Da qui gli mando un abbraccio riconoscente.
Grazie per tutti noi, Blu.
E RIPARLIAMO D’ARTE

4 gennaio: aggiornamento

Con un intervento di solidarietà degli street artists di Los Angeles, fra cui Joey Krebs, noto come The Phantom Street Artist, e dell’artista Chicano Leo Limon, veterano della guerra in Vietnam, il discorso iniziato da Blu va ancora avanti ottenendo così ulteriore visibilità e quindi ancora maggior effetto. Poveri censori: è la storia che si ripete rimettendoli spietatamente sempre davanti alla loro stessa stupidità.  Ecco qui l’articolo con le foto addirittura sul Los Angeles Times. Qui sotto il video.


Downtown LA BLU MOCA Whitewash Protest // 01.03.2011 from jesse trott on Vimeo.

 

L’Aquila chiama Italia
perché la ricostruzione dopo 18 mesi di promesse è FERMA.

L’Aquila chiama Italia
perché aumentano solo disoccupazione e cassa integrazione.

L’Aquila chiama Italia
perché chiede una legge organica sulla ricostruzione: fondi certi, restituire le tasse come è stato fatto per altre emergenze

l’Aquila chiama Italia
perché già oggi stiamo ripagando i mutui sulle nostre case ancora distrutte

L’Aquila chiama Italia
Perché ogni problema non può essere affrontato come un’emergenza da commissari straordinari

L’Aquila chiama Italia
Perché nel nostro Paese si investano risorse pubbliche sulla prevenzione e messa in sicurezza del territorio per evitare altre tragedie

L’Aquila chiama Italia
Perché alcune persone non possano più ridere sulle nostre tragedie pensando ai loro profitti

L’Aquila chiama Italia
perché la crisi economica e le politiche scellerate costringono i nostri giovani ad abbandonare il loro territorio

L’Aquila chiama Italia
Perché prevalga la solidarietà contro un federalismo egoista che non vuole trovare risorse necessarie per la ricostruzione

L’Aquila chiama Italia
Perché la nostra Città è un Bene Comune di Tutto il Paese

L’Aquila chiama Italia
Perché i cittadini possano finalmente partecipare alla scelte che riguardano la loro vita.

L’Aquila chiama Italia
Perché tutto il Paese ha la responsabilità storica di non far morire una delle maggiori città d’arte

L’Aquila chiama Italia
Perché ci stanno TOGLIENDO IL FUTURO.

Gli aquilani vivono amplificati, nell’epicentro della crisi, gli stessi problemi che assillano tutti i cittadini italiani

da qui lanciamo un appello a tutti quelli che ci sono stati vicini:

ai vigili del fuoco, alla base del volontariato della protezione civile, ai sindaci e rettori della regione, agli studenti delle università, a tutti quelli che nel nostro paese lottano in difesa dei propri territori, i lavoratori, gli insegnanti, i precari che ogni giorno si battono per i propri diritti, a tutte le forze sindacali e sociali, agli imprenditori, al “popolo delle partite iva”, al mondo dell’associazionismo e del volontariato, a chi crede che le cose possano e debbano cambiare con la partecipazione attiva dei cittadini.

Non è un problema locale, per la crisi economica non si possono sacrificare i nostri diritti. Figuriamoci un intero territorio.

VI ASPETTIAMO TRA LE NOSTRE MACERIE UNITI SOTTO LA BANDIERA NEROVEDERDE SENZA SIMBOLI DI PARTITO

 

Non è passata alla riunione con il presidente Cappellacci. Ma questa piattaforma di richieste non pare né assurda né irresponsabile. Anzi… se rimprovero qualcosa è la solo minima attenzione ‘ambientalista’ (che forse si dà per scontata), ma ho fiducia che cresca ineluttabilmente col tempo.

LA PIATTAFORMA MPS
Vertenza in 13 punti

1. De minimis. Quindicimila euro ad azienda, secondo quanto previsto dalla normativa europea e se questa strada dovesse essere impraticabile, prorogare la scadenza per ottenerli oltre il 31 dicembre. Oppure sostituirli con un intervento ad hoc per quest’anno e impegnare il resto della spesa nella Finanziaria 2011.
2. Eccedenze. Il ritiro del formaggio invenduto, 60 mila quintali, da solo è insufficiente a far aumentare il prezzo del latte (60-63 centesimi al litro, Iva compresa). È necessario ridurre anche la produzione del Pecorino Romano, per favorire quella di un nuovo formaggio a marchio regionale. Allo stesso tempo, 15 milioni di litri di latte dovranno essere conferiti a chi produce quello in polvere. Interventi da sostenere con l’integrazione del prezzo.
3. Ridurre i costi per l’irrigazione.
4. Progettare e realizzare cinque o sei centri regionali di stoccaggio.
5. Migliorare la formazione di esperti nella commercializzazione.
6. Immediata tracciabilità delle carni del settore ovino-caprino e suino.
7. Rimodulazione del Piano di sviluppo rurale 2007-2013, con investimenti a favore dell’agro-ambientale.
8. Inserire i comuni avvantaggiati nell’elenco di quelli svantaggiati.
9. Due anni di moratoria per i contributi previdenziali.
10. Costituzione di una società che favorisca la produzione di energie rinnovabili nelle aziende agricole.
11. Continuità territoriale a favore dell’esportazione di latte e formaggio.
12. Rinviare i debiti in scadenza con un’attenzione particolare per le aziende oggetto di aste giudiziarie.
13. Riorganizzazione degli enti regionali, con i tecnici impegnati finalmente sul campo. Non in ufficio.

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http://www.movimentopastorisardi.org/
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http://lanuovasardegna.gelocal.it/dettaglio/pastori-con-cappellacci-e-rottura-sui-de-minimis/2619246
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lettera ai PASTORI SARDI

Nulla di fatto. Scomparsi dalle cronache nazionali, non interessano più a nessuno? La sorte di 17.000 famiglie, che salgono a 25/30.000 comprendendo l’economia di quelle che vivono lì attorno, non è rilevante per i media? La cultura e la vita di un intero popolo non è importante?…

Non esagero se penso che si vogliano colpire i pastori come ultimo baluardo resistenziale rispetto alla tendenza che invece vuole ridurre la Sardegna ad una terra di resort. Una ciambella col buco in mezzo. Una lottizzazione di seconde case con il vuoto al centro.

E i Sardi? Umili e obbedienti giardinieri, camerieri e custodi, invisibili all’occorrenza, buoni selvaggi folklorizzati sempre pronti a danzare per divertire l’ospite che li disprezza, riserva di servitori fedeli addestrati a morire per la patria del padrone se occorre.

Non sembri retorico se qui ricordo cosa l’intero Mediterraneo deve ai pastori in termini di cultura ed economia, organizzazione giuridica e pensiero, poesia e narrazione, musica e canto, conoscenza… fin dai tempi di Omero, o del codice di Hammurabi e della Bibbia.

Questo è un vero scontro fra culture, anzi, fra cultura ed incultura… ed immagino quanto debba essere umiliante confrontarsi con l’ignoranza, l’incapacità e la supponenza del commercialista di Berlusconi, servitore dei potenti, fantoccio della Cricca, responsabile dei veleni della miniera di Furtei (a proposito: le inchieste vanno avanti?). Ha tutto il nostro disprezzo. Insieme a quelli che l’hanno votato, gli hanno consegnato la bandiera, l’hanno sostenuto senza vergogna.

Pastori: vi siamo grati della vostra resistenza. Non cedete. State difendendo l’ultima Sardegna possibile. Salvare la vostra economia significa salvare la cultura da cui io stesso provengo e che non rinnego. Avete la benedizione delle madri, quelle che ci hanno insegnato cos’è la dignità.

Alberto Masala

geniale!

rappresentativa argentina, mondiali davvero:  con questa foto hanno già vinto