Il viaggio intrapreso con il primo album Posthudorra in Casthurina continua nel secondo, Resuggontu dove il titolo stesso (Resoconto) gioca su un doppio significato, sottolineando da una parte il rendersi conto della situazione a livello globale con tutte le sue contraddizioni, e dall’altra il farsi carico della responsabilità di trasportarlo in rima facendo un vero e proprio resoconto della situazione.

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foto: la Nuova Sardegna
ora la mia Sardegna è così

sarà abbastanza per chi ha acceso il fuoco?

Finita di improvvisare alle 14,07 in risposta (affettuosa) a Nanni Falconi su Corona de Logu. E’ scritta in logudorese di Pattada, lingua di Nanni, in endecasillabi per essere cantata “a tenore”, e se qualcuno tenta di normalizzarla nde li sego sas francas a mossu (gli stacco le mani con un morso).

qui sotto il testo

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La Sardegna, dicono loro, è il posto ideale per il nucleare:
è al riparo dai terremoti, e, immaginano, anche al riparo dai sardi.

dimostriamogli il contrario

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Quando Ugo C. cercava voti, dichiarò che «nessuna centrale nucleare verrà costruita nell’Isola: se vorranno farlo, dovranno passare sul mio corpo». Intanto bisognava liberarsi di Soru e dei suoi sostenitori che avrebbero costituito un fastidioso ostacolo.

Immediatamente, senza neanche una giunta nominata, si presenta la candidatura della Sardegna come luogo dove concentrare le quattro centrali “necessarie” all’Italia che Berlusconi ha trattato con Sarkozy. Ho attinto la notizia da un articolo di Marco Mostallino sul Giornale di Sardegna di giovedì 5 marzo.

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>Come nei peggiori incubi, come nei racconti delle più spietate invasioni, ancora la Sardegna si restringe ed i Sardi si allontanano dal mare. Quelli che tentano di restare vicino alle coste vengono sterminati senza pietà.

La storia si ripete in ricorsi crudeli: era già successo coi romani e con i mori, perdurava nel periodo degli spagnoli e dei savoia…
Solo da poco ci eravamo rilassati. Riattirati all’esterno dagli specchietti e le collanine dei nuovi sorridenti colonizzatori, li abbiamo serviti in silenzio e con dedizione: camerieri nelle loro residenze fortificate, ascari nelle loro guerre, sicari nelle loro vendette, ottusi esecutori delle loro voglie… servi, anzi, servi dei servi…
Un popolo di servi senza storia. A loro tutto il mio inutile disprezzo. Sì perché non si può avere pietà o comprensione per il servilismo e l’assenza di etica.
In effetti avevo già cominciato ad avere dei dubbi ed a provare dolore quando davanti al ‘magazzino’ nuragico, ormai pallido simbolo della nostra esistenza, era stata consegnata la bandiera.
Ma interpretai quel gesto come una mossa falsa che avrebbe risvegliato ancora di più il nostro orgoglio e confermato che potevamo di nuovo essere un popolo. Niente di più sbagliato. Il mio ottimismo non aveva colto l’esatta esemplificazione di ciò che stava per succedere: la resa senza condizioni.

Ed ora eccoci qua: nuovamente sconfitti e piegati, nuovamente ripiegati nei fieri (?) villaggi dell’interno, arroccati e imprendibili (perché non appetibili), e sempre più spopolati di spirito e persone.

La Sardegna è un feudo senza orgoglio. I pochi sardi che tentano di resistere sono traditi da coloro che s’inchinano senza alcuna cultura né memoria. Ora si ritorna indietro e si dovrà ricominciare tutto da capo. Eravamo a Bisanzio, s’ardia fidel’e Antìne, e ne abbiamo riportato soltanto la maledizione perpetua: crollo e decadenza.

E che ora non si parli di Rinascimento sardo, che le intelligenze sappiano indossare il lutto della mente, che chi si è dimesso o ha smesso per salvarsi il culo non ritorni mai più.
Oggi siamo di nuovo soli e con sempre meno ricordi.
Da qui ricominciamo, e non abbiamo tempo da sprecare.

diversi e differenti commenti sulla questione:
altra voce
democrazia oggi
sardus disterraus

il piemontese Bogino
(in Sardegna sinonimo di boia)

>comunicazione riservata e personale a quei sardi che stanno trasformando la Sardegna in Berlus-colonia.

I sardi esclusi dal governo, ascari sempre più sudditi e fedeli. In particolar modo i parvenus galluresi, l’acquisizione più recente, che sardi non lo sono mai stati troppo. Ma se glielo dici si offendono… Intanto hanno svenduto o regalato la loro terra (che una volta era anche nostra). Come vendersi la madre (che era un po’ anche nostra madre)… e senza fare una piega quando gli cambiavano anche la toponomastica. Come quando si parla degli americani: non tutti, naturalmente – conosco alcuni fra i migliori, quelli più resistenti – ma diciamo che i più si sono radunati lì…

Leggo su l’Altra Voce, in un articolo a firma di Giorgio Melis, arguto e divertente se non fosse dolorosamente tutto vero, che dice: “E’ annunciata una nuova visita pastorale con un grande carico di perline e specchietti (anche per allodole umanizzate) da distribuire ai bravi, pazienti e talora pezzenti buoni selvaggi nuragici. La Sardegna “canile di Arcore” evocato dieci anni fa da Cossiga senior, si è materializzato in tutto il suo splendore servile. Pensare che la dolorosa decisione di Berlusconi di escludere dal giro ministeriale i suoi eletti isolani è maturata domenica alla Certosa”.

Da noi le cose si usa cantarle piuttosto che pronunciarle in comizi. Nella tradizione non esistono le canzoni: solo versi affidati all’interpretazione di chi li coglie. Già altre volte mi è capitato di scrivere sulla questione. Ora voglio lasciare qui due righe con cui, già quattro anni fa, mettevo in guardia quel sardo che orgogliosamente si batte perché la sua terra venga consegnata interamente nelle mani rapaci del più subdolo e pericoloso fra i suoi colonizzatori.
Scrivo in logudorese… magari poi traduco. Per essere cantati devono rimare in una struttura tradizionale. Li raccolga liberamente chi vuole.

Pro unu sardu abistu

Bid’as a Berriscone?
trankillu ke Battista
léat, e si ndhe ríet da ‘e su Cumbentu.

Non li fuet occasione
de si fagher provvista
né paret ki si ponzat pessamentu.

L’asa dadu su votu
e luego l’as connotu.
Creías de b’áer sa parte? De s’apentu
com’iscobio su jogu:
isse su mere e tue…
abbárras piógu!

s’11 ‘e cabidanni de su 2004

Ad un sardo dalla vista lunga.

Hai visto il grande Verro? Molto tranquillamente prende, e dalla Certosa se la ride. Non perde un’occasione per farsi le provviste e non sembra preoccuparsi. Gli hai dato il voto e subito si è scoperto. Credevi di spartire con lui? Ora ti svelo il meccanismo del giochetto: lui è il padrone, e tu… resti un pidocchio!

11 settembre 2004



Alberto Capitta e Masala
con Michela Murgia
Umbrialibri 2007


da LA NUOVA SARDEGNA del
09.01.2008
un intervento dello scrittore Alberto Capitta

Istituzioni, Europa, Enti Locali: Il prossimo G8 alla Maddalena, scelta sbagliata alla quale nessuno sa opporsi
E’ così triste ma non sorprende la scelta della Maddalena quale sede per il prossimo G8. Perché l’isola non ha mai negato a nessuno le sue grazie offrendosi di buon grado agli ospiti, meglio se facoltosi, meglio ancora se potenti. Come non ricordare per esempio quel lontano giorno del 1972 quando i primi militari americani sbarcarono in piazza Comando con tanto di orchestrina al seguito e lazzi e frizzi e gustosi siparietti? Che bella festa fu quella. Gli abitanti non credevano ai loro occhi. Sembrava d’essere tornati ai vecchi tempi, ai giorni della giovinezza dell’isola, quando il profumo delle divise militari invadeva le strade e il paese pullulava di marinai radiosi. La parola sbarco, poi, evocava echi di Normandia e di alleati, suscitando nei più anziani un profondo moto di nostalgia. Non c’erano domande da porsi. Erano lì e basta. E poi erano marinai e i marinai, italiani o statunitensi che siano, da sempre irradiano innocenza.
Le marine militari impersonano l’avventura, vestono di bianco e d’azzurro; loro non sono il polveroso esercito imbrattato di sanguinosi corpo a corpo, né l’aeronautica deturpata per l’eternità dalla vergogna di Hiroshima e Nagasaki; no, le marine militari hanno a che fare coi pesci e coi tramonti e i siluri che sganciano hanno l’arditezza dei delfini. Dunque perché porsi domande davanti a un’Arma che riesce nel prodigio di coniugare guerra con poesia? Benvengano, si disse. E infatti gli americani giunsero, e rimasero, a migliaia, per anni, instaurando un rapporto di pacifica e duratura convivenza con la popolazione del luogo che in trentacinque anni non si è mai permessa una sollevazione contro. Poco importa se c’era il rischio che il mare venisse spalmato di plutonio e leucemia. La cultura militare è qualcosa che si porta nel sangue e la si deve accettare con tutti i suoi rischi e le sue abitudini. E l’abitudine è di vedere sfilare le ronde come rondini, cioè come parte del paesaggio, o di vedere riaffiorare in superficie un sottomarino, atomico e placido, e seguitare a fare ciò che si stava facendo, la spesa, una passeggiata, una corsa all’ufficio postale.

In questo contesto di solare convivenza è giunta come un segnale di catastrofe la notizia dello smantellamento delle basi e dell’arsenale militare. Il tutto poco più di un anno fa. L’isola è piombata di colpo in un grave stato depressivo, un clima di privazione simile alla vedovanza. Dunque che fare? Come risarcire la popolazione per un simile torto? Si è pensato di tutto, compresa una deroga alla ferrea e giusta e sacrosanta legge salvacoste. Per costruire alberghi. Tanti. I progetti sono fioccati a decine giacché si è fiutato il momento di debolezza della Regione posta quasi nella condizione di rimediare a un danno fatto. Alberghi e non solo, sull’isola. Alla poveretta si è pensato anche come sede della Coppa America, per nuove mire dell’Aga Khan, per imprese turistiche inimmaginabili solo qualche anno fa e, naturalmente, per il G8. E’ come se una donna vittima di uno stupro chiedesse soccorso e per somma disgrazia finisse tra le braccia di un nuovo branco. Tutti a fare la fila. A insinuare che sotto sotto provi piacere. No, nessun piacere a ritrovarsi violata a pochi metri dal mare dove sono destinati a crescerle addosso i nuovi insediamenti. Nessun piacere a sentirsi calpestata dai potenti della terra così come è stato ormai deciso.

La scelta del G8 è grottesca. Perché G8 in Italia è sinonimo di infamia e il fotogramma simbolo è il corpo di un povero ragazzo investito e rinvestito dalle ruote della jeep. Perché il G8 per l’Italia è piazza Alimonda e la scuola Diaz laddove la polizia si è spogliata della sua supposta neutralità per offrire armi e divise a una folla di estremisti di destra, scrivendo così una fra le più deplorevoli pagine della storia della Repubblica. Tutto questo si vuole ora trasferire in Sardegna. Con tutto il grigiore del suo peso simbolico. Naturalmente ben pochi hanno da obiettare qualcosa. E tra quei pochi i sindaci che si oppongono per questioni di ordine pubblico, per paura dello sfascio, non certo per un imbarazzo della coscienza. Sotto il profilo etico è tutto a posto e si schiacciano pisolini tranquilli. D’altronde ciò che importa sono le luci della ribalta e per queste non solo i maddalenini ma i sardi in genere hanno da sempre un debole. Vittime di un atavico complesso di inferiorità i sardi cedono a un senso perverso della gratificazione ogni qual volta capiti loro di godere della considerazione del mondo posto oltre i loro confini. Sulla base di questa devianza si ostenta orgoglio per qualsiasi prodotto sardo in grado di fare parlare di sé fuori dall’isola e si getta in un unico spaventoso calderone miss, cantanti, scrittori, formaggi, veline, sportivi e via dicendo. Senza un filtro. Come sarebbe stato dunque possibile attendersi un diverso atteggiamento all’annuncio del G8 in Sardegna? Tanto a chi importa dei simboli e dell’etica? Oramai la coerenza politica è un bene superfluo e per molti non è più neanche un bene.

Tutto ciò sotto la promozione di un governo nazionale e uno regionale di sinistra. E allora mi domando cosa significhi oggi definirsi democratico o democratico di sinistra o semplicemente di sinistra. E il mio riferimento non va solo alla classe politica ma a tutti quelli che abbiano a cuore un filo di giustizia sociale e conservino una parvenza di memoria civile, perché si interroghino sul silenzio seguito alla scelta dell’isola quale sede dell’evento. Sul perché nessuno abbia provato ad indignarsi, sul perché di tutto questo guazzabuglio di contraddizioni, di incoerenza politica, di disordine mentale. E mi domando a che cosa servano tutti quanti gli appelli e i convegni intorno al Partito democratico se non si pone neanche in discussione una mostruosità di tali dimensioni quale è il G8 che si tiene a casa nostra. Il problema, o il dramma, è che davanti alla sirena dei finanziamenti tutti rimangono disarmati. Ma disarmante è l’intero spettacolo. Uno spettacolo davanti al quale credo che qualsiasi discorso intorno all’identità sarda resti polverizzato e vada ridiscussa seriamente l’opportunità (e la necessità) di un tale dibattito.

Né identità, né radici, né memoria quindi. Solo tristezza. Per lo sfascio culturale, per lo stato mentale collettivo, per questo pesante prolungato silenzio.

Alberto Capitta


il sequestro dei caccia bombardieri AMX è una vittoria del movimento contro la guerra

 


per gli approfondimenti rinvio ad alcuni post precedenti che portano l’etichetta Gettiamo le Basi

e pubblico il comunicato che ho ricevuto

6/1/08 – Sequestro dei caccia bombardieri AMX disposto dalla Procura di Cagliari

Dopo anni di denunce e manifestazioni di protesta del Comitato Gettiamo le Basi e altre realtà del movimento contro l’occupazione militare della Sardegna, salutiamo positivamente il sequestro cautelativo delle bare volanti, un primo atto concreto che recepisce le ripetute richieste d’interdizione dei voli degli AMX e oggettivamente si configura come tutela dell’incolumità della popolazione sarda.
Ci auguriamo che il sequestro degli AMX non rimanga lettera morta e non prevalga ancora una volta la “realpolitik” delle esigenze di bilancio della Difesa e del profitto delle ditte costruttrici. Le bare volanti vanno definitivamente rottamate, espulse dai cieli della Sardegna e del pianeta.
Auspichiamo che la magistratura si attivi per mettere sotto sequestro cautelativo anche il poligono della morte del Salto di Quirra. La catena di malattia e morte che avviluppa militari e popolazioni di un remoto angolo di Sardegna non è stata minimamente intaccata, il 2008 ha già mietuto un’altra vittima.

La recente medaglia di bronzo conferita dal presidente Napolitano al pilota che il 14 Ottobre 2005, alla guida di un Amx, riusci a evitare un incidente che avrebbe potuto causare la strage degli abitanti di Decimomannu, ha portato alla luce un’altra delle catastrofi sfiorate e occultate alla popolazione. Preoccupa constatare che “l’incidente evitato”, di cui finora nulla si sapeva, è quasi concomitante a quello occorso all’AMX precipitato nel campo di carciofi nei pressi della base militare di Decimomannu (20 ottobre 2005), l’ennesima strage sfiorata che ha innescato l’indagine della Procura di Cagliari e il sequestro cautelativo dei cacciabombardieri.
Il presidente Napolitano, per un principio di equità, dovrebbe assegnare la medaglia d’oro al popolo sardo, oggetto dei continui attentati alla sicurezza, alla salute e alla vita, per aver sopportato per 50 anni l’occupazione militare del suo territorio, i veleni di ignote sperimentazioni belliche e “giochi di guerra” giocati con vero munizionamento da guerra.

Comitato sardo Gettiamo le Basi – Comitato di Decimomannu contro le basi militari

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Le bare volanti AMX

Al momento sono noti 13 incidenti, 5 i piloti morti.
Riproponiamo la denuncia del 2002 del comitato sardo Gettiamo le Basi che, ininterrottamente, chiede l’interdizione dei voli dell’AMX:

L’Amx – cacciabombardiere da 70 miliardi prodotto da Finmeccanica e Brasile – è stato protagonista di una lunga serie d’incidenti aperta nel 1984 con la caduta del prototipo e la morte del pilota collaudatore, il comandante Manlio Quarantelli. I primi 30 esemplari sono stati fermati per un certo tempo, ma l’Aeronautica non ha bloccato la corsa agli acquisti. In vent’anni sono state apportate varie modifiche nel tentativo di porre rimedio alle carenze strutturali e al sistema di propulsione. Tutto inutile! Gli AMX continuano a precipitare. Nei primi sei mesi del 2001 si sono verificati tre incidenti: tre piloti deceduti, tre aerei distrutti.
I cacciabombardieri di Finmeccanica sono stati oggetto di numerose interrogazioni e interpellanze parlamentari presentate da tutti gli schieramenti politici: 76 nella precedente legislatura. Sono al centro di varie inchieste della magistratura presso il Tribunale di Roma, Pesaro, Treviso, Padova. Però, non si registra alcuna schiarita in quella che tanti definiscono “una sporca faccenda”: un aereo difettoso acquistato precipitosamente dalle FF.AA italiane, un aereo che nessun’altro paese ha voluto comprare, a parte il Brasile paese co-produttore, una bara volante che mette a rischio non solo i piloti ma anche tutte le comunità nei cui cieli si aggirano.
Gli “aerei da rottamare e tenuti in naftalina”– come titolava eloquentemente un articolo del Corriere della Sera del 3/12/97- hanno trovato ospitalità nella base di Decimomannu e scorrazzano “normalmente” in Sardegna dove, inoltre, ogni primavera puntuali calano gli inquietanti stormi della Spring Flag.
L’esercitazione militare interforze, poeticamente denominata Spring Flag, consiste in operazioni di “Composite Air Operations” con la partecipazione di Aeronautica, Esercito e Marina di paesi Nato e fuori Nato, ha come area di tiro preferenziale il poligono di Capo Frasca1.450 ettari a terra, a mare 3 miglia quadrate all’interno del golfo di Oristanoe l’immensa zona a mare denominata Danger 40, collegata alla base di Decimomannu dalla zona aerea interdetta R 54. Coinvolge, inoltre, le zone aeree e marittime militarizzate annesse ai poligoni di Teulada e Quirra ( una delle zone interdette alla navigazione aerea e marittima che con i suoi kmq 28.400, supera in estensione la superficie dell’intera Sardegna).
I top gun dell’autoproclamato Asse del bene, mettendo a repentaglio l’incolumità del popolo sardo, usano tutta la zona meridionale dell’isola come campo di battaglia per addestrarsi al massacro dei popoli dall’area del petrolio da liberare e democratizzare.

Oltre al rischio rappresentato dalle “bare volanti”, esiste il rischio di interferenze delle esercitazioni militari con il traffico civile. L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV), nel dicembre 2000, in seguito alle denunce dei piloti civili imbattutisi in aerei militari sulle loro rotte, ha avviato un’inchiesta prendendo in esame la zona compresa tra Sardegna, Sicilia, Campania, area in cui il traffico aereo non è tutto gestito dall’ENAV ma è sotto la meno tranquillizzante e meno trasparente tutela Nato. I risultati, resi noti il 20/4/01, hanno confermato che le esercitazioni militari hanno messo a repentaglio i voli civili per otto volte e in due casi si è sfiorata la collisione. Le conclusioni dell’ANSV rilevano il mancato rispetto delle norme sul coordinamento militare-civile nel corso delle esercitazioni e definiscono inaccettabile che equipaggi e controllori del traffico aereo si siano trovati di fronte a situazioni sconosciute tali da non poter garantire adeguata assistenza ai voli civili.

Anche chi sostiene le politiche di guerre infinite e preventive non può rimuovere le tragedie di Ustica, Casalecchio, Cermis. Per scongiurare nuove sciagure non si può sempre fare affidamento sulla buona stella o sulla “scarsa densità demografica” dell’isola.

Fino a quando la Sardegna non si sarà liberata dagli abnormi e iniqui gravami militari che la mortificano, è improrogabile:

* la smilitarizzazione dei cieli e la gestione civile del traffico aereo
* l’adozione di garanzie e strumenti di controllo sulle esercitazioni militari
* l’interdizione dei voli degli AMX

Comitato sardo Gettiamo le Basi – Tel 070 823.498–338.613.27.53

 

pepmar

VIGLIACCHI

perché uccidono un poeta?

Peppinu Marotto, poeta, cantore, sindacalista di 82 anni, ucciso con sei colpi di pistola alle spalle ad Orgosolo, il suo paese, di cui aveva cantato le lotte e la dignità.

In un agguato in pieno centro di Orgosolo, questa mattina alle 10,30 Peppinu Marotto è stato ucciso con sei colpi di pistola sparati alle spalle mentre entrava in edicola, come ogni giorno. L’assassino, che è passato inosservato nonostante tutto sia avvenuto in pieno giorno e al centro del paese, è fuggito a piedi facendo perdere le tracce. Marotto, responsabile dello sportello pensionati del patronato Inca della Cgil, era benvoluto in paese e noto per il suo impegno sociale.

Tra le sue opere: Su pianeta ‘e Supramonte, Testimonianze poetiche in onore di Emilio Lussu, Cantones Politicas Sardas. La scheda sul sito della casa editrice Condaghes, che ha pubblicato Su pianeta ‘e Supramonte, lo descrive così: “Peppino Marotto è nato ad Orgosolo nel 1925 e la sua vita si è spesso intrecciata con le vicende che ne hanno segnato la storia negli ultimi cinquant’anni. Le sue convinzioni di giustizia sociale e la sua caparbietà barbaricina gli son valse la galera e il confino. Il suo desiderio di comunicare gli ideali di emancipazione e di libertà lo hanno portato a cantare nelle piazze della Sardegna e del mondo. Ancora oggi Peppino Marotto presta il suo impegno nell’azionismo sindacale e per condurre nel suo paese una Camera del Lavoro“.

Di lui ho molti ricordi “pubblici”, da quando dal 1968 cantava le lotte dei pastori e l’occupazione di Pratobello, ed un piccolo ricordo privato quando in un tzilleri di Orgosolo, mentre cantavano a tenore i miei testi, si complimentò dicendomi che da trent’anni in Sardegna nessuno scriveva più così… Certo esagerava, ma mi fece piacere e mi diede coraggio.

Non ho parole sufficienti a colmare la perdita di un personaggio tanto caro ed importante. Mi chiedo chi può aver odiato a tal punto una persona di tanta bellezza interiore. Spero che Orgosolo e la Sardegna sappiano ricordarlo come merita. Un abbraccio alla sua famiglia. Ci mancherà davvero.

commenti a caldo

 

* bello davvero il commento su l’Altra Voce di Fabio Coronas di Thanitart per i Kentze Neke

* sempre su l’Altra Voce, i commenti più rispettosi ed affettuosi.
Tra gli altri: Giorgio Melis, Giulio Angioni, Aide Esu, Tonino Cau.

* e così quello di Giovanna Marini sul Manifesto

miserie a freddo

Deo no isco sos carabineris, in locu nostru prit’est ki bi sune…
(Io non so proprio i carabinieri, cosa ci stanno a fare dalle nostre parti…)

* Il primo commento che registro è quello dei carabinieri che si lasciano sfuggire un ambiguo quanto misero:”aveva dei precedenti… (Corriere della Sera)”. Mi ricorda quella famosa trasmissione di Santoro in cui Maurizio Mannoni esibì una mappa di Orgosolo (fatta anch’essa dai carabinieri) che indicava le case in cui abitavano persone con precedenti. Praticamente tutte. Ignorando che, dopo le lotte di Pratobello, tutti gli uomini validi di Orgosolo vennero a vario titolo imputati e perseguitati.
Miserie vergognose … come se avere dei precedenti di resistenza e di dignità sia motivo di disonore. Peppino Marotto aveva gli stessi precedenti penali di Antonio Gramsci. Ed i carabinieri sono gli stessi di allora.

* Altra possibilità che il rampante Flavio Soriga aveva di tacere e ancora una volta non ha sfruttato… chissà che fatica dover inseguire ogni occasione per vedere il proprio nome sulla stampa. Infatti a pochi minuti dall’assassinio ha dichiarato:” «…è l’ennesima irruzione dell’arcaismo nella nostra incompleta modernità» (Quotidiano.net). Ebbene, non c’è omicidio più moderno e contemporaneo di questo… quasi Newyorkese.
Marotto aveva forse visto o sentito qualcosa ed avevano paura che una persona limpida e pulita come lui potesse denunciare. Il qualcosa più probabile ed evidente forse ha a che fare con l’intenso traffico di Coca o di armi che oggi sta dando il colpo di grazia alla nostra cultura.
Un’altra non meno terribile ipotesi è che forse tziu Peppinu Marotto abbia avuto da discutere con qualche banda di balenteddos. Delinquentelli vigliacchi con gli stessi miti dei pandilleros
metropolitani di Los Angeles o dei guaglioni di Scampìa, la stessa mancanza di valori, la stessa imbecillità arrogante…
In tutti e due i casi, modernissimi problemi di camorra.
Dunque…
Soriga legga Saviano e smetta di parlare di Barbagia: lui è come Mannoni.

 

andate a leggere l’articolo che ho trovato su MENOSTORIE.
Parla del lavoro fatto da una documentarista sarda,
Daniela Piu, con il regista Alessandro de Palo, un intenso reportage di 25 minuti dal titolo PISQ realizzato dalla produzione indipendente dPART.


riporto dall’articolo:

“… Vi basterà sapere che il PISQ si estende per 12.700 ettari di terreno e 2.800.000 ettari di mare, con uno spazio aereo non quantificabile. Per farci un’idea delle dimensioni del poligono, ricorderemo che la sola area marina é più grande della Sardegna stessa.
Tutte le nazioni della NATO possono affittare il poligono per testare e sviluppare i propri armamenti. Sappiamo però che il PISQ é stato usato anche da libici e israeliani. Oltre che fungere da campo di prova per la sperimentazione di armamenti innovativi testando razzi, bombe, aeroplani, carri armati e creando simulazioni con (relativi inquinamenti) identici ad una vera guerra, il PISQ lavora anche come mercato.
Qui le nazioni e le imprese produttrici d’armi s’incontrano, qualcuno vende, gli altri comprano. Chi é autorizzato a partecipare in questa “esibizione commerciale” di guerra? E’ solo una questione di soldi. L’area del PISQ può essere affittata per 50.000 euro all’ora. Tre nazioni al giorno possono usarla per otto ore consecutive, se rispettano l’orario concordato. In un solo giorno operativo nel PISQ si guadagnano 1.200.000 euro. E non è tutto. Grazie al lavoro di Daniela Piu veniamo a sapere che il PISQ sta al momento costruendo nuove strutture militari e bombardando siti naturali, archeologici e storici.
Ma la cosa più grave è che sta anche avvelenando l’acqua, le piante, gli animali e gli esseri umani. Data l’alta percentuale di leucemie registrate nell’area di Quirra (10%), voci a proposito della “sindrome di Quirra” hanno iniziato a diffondersi accusando la base di fare uso di uranio impoverito. Alcuni militari che sono stati formati nel PISQ soffrono di leucemia. Alcuni agnelli sono nati senza gambe, con due teste o con altre strane malformazioni. Gli animali che vivono nel territorio del poligono non portano più a termine le gravidanze. E, infine, ciò che è ancora più grave sono gli effetti sulla popolazione civile. A titolo di mero esempio, in un paese del territorio del PISQ tredici bambini sono nati con gravi malformazioni genetiche.”