>una lettera di Mauro Bulgarelli e don Alberto Vitali.

Sconcerto, preoccupazione e indignazione sono i sentimenti che ci pervadono in queste ore, dopo che l’organizzazione umanitaria “Emergency” ha dovuto ritirare, per ragioni di sicurezza, il proprio personale internazionale dall’Afghanistan.

Sconcerto, per come le ragioni della politica hanno prevalso su quelle umanitarie, fino al punto di servirsi di persone e strutture da anni dedite alla cura di chiunque ne avesse bisogno – in maniera incondizionata e senza discriminazioni di sorta – senza preoccuparsi di compromettere questo servizio, a danno esclusivo delle popolazioni più disagiate e già abbondantemente martoriate della regione.

Preoccupati, per la vita di Rahmatullah Hanefi, manager dell’ospedale di Emergency a Lashkar Gah, detenuto – non si sa in quali condizioni – senza la possibilità di incontrare un avvocato, nelle carceri di un paese, per cui l’Italia sta spendendo milioni di euro, non soltanto in campo militare, ma anche nella ricostruzione dell’apparato giudiziario.

Addolorati per la morte di Adjmal Nashkbandi, l’interprete afghano di Daniele Mastrogiacomo e di Sayed Hagha, l’autista che li accompagnava, così come delle centinaia di migliaia di vittime anonime di questo conflitto.

Indignazione, per il comportamento tenuto dal nostro Governo in tutta questa vicenda, nella quale non soltanto si è rifiutato di compiere gesti formali (nei confronti di un Governo che tanto deve al nostro paese) a tutela di tutte le parti in pericolo; ma – nonostante le calunnianti affermazioni dei servizi segreti afghani contro l’Organizzazione umanitaria italiana – ancora non si è pronunciato in difesa dell’onorabilità della stessa.

Siamo uomini e donne di diversa estrazione culturale, laici e credenti, impegnati in differenti campi dell’associazionismo sociale, religioso e politico, ma oggi ci esprimiamo comunemente, in qualità di cittadini italiani. Ed è in ragione dei valori condivisi che fondano la nostra civiltà, che esigiamo da tutti che “tengano giù le mani da Emergency”, perché così facendo si colpiscono immediatamente le migliaia di persone che dipendono esclusivamente dalle loro cure.

Non tutto può essere ridotto a mera questione ideologica: poiché riteniamo inviolabile la vita di tutti e di ciascuno, non possiamo accettare che le ragioni della politica facciano scempio della pelle e del sangue degli indifesi.

In quanto poi amici di Gino Strada e di decine di altri medici, paramedici e volontari, che dedicano con generosità il proprio tempo e servizio, esigiamo che venga rispettata la loro onorabilità, come si conviene in uno Stato di diritto.

Infine, in quanto cittadini, auspichiamo che il nostro Governo sappia difendere la dignità e la sovranità nazionale, non piegandosi supinamente a logiche internazionali, ma riaffermando quei principi di Legalità, Umanità e Pace, di cui è garante la Costituzione repubblicana.

Sen. Mauro Bulgarelli, Alghero – Don Alberto Vitali, Milano

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i militari italiani in Afghanistan sono già coinvolti in vere e proprie operazioni di guerra alla faccia dell’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…

qui anche una lettera da Nella Ginatempo

Carissimo Gino, e Teresa, e Maso e Vauro e tutti i medici e i volontari di questa meravigliosa realtà che si chiama Emergency.
Credo che il merito più importante che sempre mi commuove è il fatto che Emergency tiene fermo un piede dentro la porta. Su quella porta c’è scritto GUERRA e se si chiudesse sarebbe finita la speranza per tutte e tutti noi. Ogni volta che apro il sito o leggo il giornale di Emergency o leggo i reportage di peacereporter mi dico: ci sono ancora per fortuna. C’è ancora qualcuno che parla il linguaggio della ragione e della solidarietà, non quello delle armi e della totale violazione della Persona Umana.
La logica della guerra non tollera questo linguaggio e soprattutto non tollera i comportamenti solidali di chi rifiuta l’idea di nemico, di chi vuole curare tutti gli esseri umani vittime di violenza, di chi si apre ad ogni trattativa, alla diplomazia dal basso per salvare vite umane. Ciò che il governo afghano sta facendo contro Emergency è davvero infame proprio perchè è basato sulla logica di guerra, su ritorsione, menzogna, violenza. Ma altrettanto infame è il trattamento riservato ad Emergency dal governo italiano che per codardia e servilismo nei confronti degli USA ha brutalmente chiuso la trattativa per liberare gli ostaggi, causando indirettamente la morte di Adjmal, un afghano, dunque un morto che non pesa nel teatrino politico italiano.L’infamia continua con la detenzione di Rahmat da parte del governo fantoccio di Kabul. Un sequestrato torturato e fatto sparire senza processo, senza diritti, in quella culla di democrazia che è il regime di Kabul, alimentato dalla guerra per la democrazia !!!
Di questa infame guerra siamo complici noi italiani brava gente, complici di un regime di criminali di guerra e terroristi, complici di una occupazione militare schifosa al seguito di una potenza staniera che ha asservito anche noi, complici di migliaia di omicidi di persone innocenti tramite i bombardamenti della NATO e le sparatorie della polizia afghana sui civili. Se avessimo un governo ispirato non alla democrazia ma anche soltanto alla dignità e alla lealtà, dovremmo ritirare il nostro ambasciatore da Kabul, interrompere i rapporti diplomatici con Karzai e ritirare le truppe da un paese il cui governo viola i diritti umani e minaccia l’esistenza stessa della nostra Emergency. Rahmatullah dovrebbe essere un vanto nazionale per noi, avendo fatto liberare due ostaggi italiani e dovrebbe ricevere un premio speciale: la sua liberazione sarebbe una restituzione di sovranità nazionale al nostro paese. Ad ogni costo il governo italiano dovrebbe difendere Emergency e assumersi le sue responsabilità, affrontando gli USA e finalmente dissociandosi dalla guerra, da questa schifosa missione militare e dalla sua insostenibile logica di guerra.
Un abbraccio, Nella Ginatempo

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