>Come nei peggiori incubi, come nei racconti delle più spietate invasioni, ancora la Sardegna si restringe ed i Sardi si allontanano dal mare. Quelli che tentano di restare vicino alle coste vengono sterminati senza pietà.

La storia si ripete in ricorsi crudeli: era già successo coi romani e con i mori, perdurava nel periodo degli spagnoli e dei savoia…
Solo da poco ci eravamo rilassati. Riattirati all’esterno dagli specchietti e le collanine dei nuovi sorridenti colonizzatori, li abbiamo serviti in silenzio e con dedizione: camerieri nelle loro residenze fortificate, ascari nelle loro guerre, sicari nelle loro vendette, ottusi esecutori delle loro voglie… servi, anzi, servi dei servi…
Un popolo di servi senza storia. A loro tutto il mio inutile disprezzo. Sì perché non si può avere pietà o comprensione per il servilismo e l’assenza di etica.
In effetti avevo già cominciato ad avere dei dubbi ed a provare dolore quando davanti al ‘magazzino’ nuragico, ormai pallido simbolo della nostra esistenza, era stata consegnata la bandiera.
Ma interpretai quel gesto come una mossa falsa che avrebbe risvegliato ancora di più il nostro orgoglio e confermato che potevamo di nuovo essere un popolo. Niente di più sbagliato. Il mio ottimismo non aveva colto l’esatta esemplificazione di ciò che stava per succedere: la resa senza condizioni.

Ed ora eccoci qua: nuovamente sconfitti e piegati, nuovamente ripiegati nei fieri (?) villaggi dell’interno, arroccati e imprendibili (perché non appetibili), e sempre più spopolati di spirito e persone.

La Sardegna è un feudo senza orgoglio. I pochi sardi che tentano di resistere sono traditi da coloro che s’inchinano senza alcuna cultura né memoria. Ora si ritorna indietro e si dovrà ricominciare tutto da capo. Eravamo a Bisanzio, s’ardia fidel’e Antìne, e ne abbiamo riportato soltanto la maledizione perpetua: crollo e decadenza.

E che ora non si parli di Rinascimento sardo, che le intelligenze sappiano indossare il lutto della mente, che chi si è dimesso o ha smesso per salvarsi il culo non ritorni mai più.
Oggi siamo di nuovo soli e con sempre meno ricordi.
Da qui ricominciamo, e non abbiamo tempo da sprecare.

diversi e differenti commenti sulla questione:
altra voce
democrazia oggi
sardus disterraus

il piemontese Bogino
(in Sardegna sinonimo di boia)

16 commenti

  1. >Salute Alberto, dia cherrer rispondere a custu post in sardu, ma non m’intendo prus de iscriere in d’una limba chi mi nc’an furatu sor meos matessi, e duncas SCRIVO NELLA LINGUA DI COLORO CHE PENSAVO DOVER CONVIVERE. COME DICEVA FRANCESCO MASALA: “PRIMA SON VENUTI GLI ARAGONESI, POI I CATALANI, PISANI, GENOVESI, FRANCESI, PRIMA ANCORA I ROMANI, VANDALI, POI PER ULTIMI GLI ITALIANI. E ANCORA NON SE NE SONO ANDATI”. POCHE PAROLE DEL GRANDE CICITU PER CAPIRE SECOLI E SECOLI DI COLONIZZAZIONI E DI SCHIENE PIEGATE, QUELLE DEI SARDI, ALLA CUI “CATEGORIA” (COME ZIO SILVIO DEFINISCE LE DONNE E DA POCO ANCHE I SARDI) APPARTENIAMO, PURTROPPO. POCHI GIRI DI PAROLE COMUNQUE, LA VERGOGNA CHE PROVO E’ TROPPO GRANDE PER POTERSI RIDURRE A BREVI FRASEGGI, QUINDI, MUTUANDO LO SLOGAN DEL POVERO SORU ALLE ULTIME DEPRIMENTI VOTAZIONI: TORRAMUS PRO VOTARE, VOTAMUS PRO TORRARE, E’ MORTO DEFINITIVAMENTE IL POPOLO SARDO, LA LINGUA, IL TERRITORIO E I SUOI SIMBOLI. S’IRFERRU CH’ISPERDAT TOTUS SOS SARDOS MILANESOS PARTORITOS DAE SA THERACHIA. VORREI SCRIVERE TANTO, INSULTARE QUESTO POPOLO DI MERDA, IN UNA TERRA DI MERDA, MI FANNO TALMENTE SCHIFO CHI SU PROSSIMU CHI MI VAEDDAT GALU DE IDENTITATE, DE SOS SARDOS DIVERSOS, LI SECO SU CULU.
    BASTARDOS
    THERACOS DE MERDA
    LECHINOS

    E NON ME NE FREGA NULLA DI ESSERE ACCUSATO DI POCA FINEZZA O COS’ALTRO.
    BASTARDOS SARDOS DE MERDA

    se vuoi cancella pure questo post, ormai non mi frega più di nulla.

    fabio

  2. >no fabio,
    non solo non lo cancello, ma lo lascio lì a dimostrazione che ciò che dici è una parte dei miei sentimenti.
    Ma non l’unica.
    Lance Henson, poeta Tsitsistas (Cheyenne) e mio amico, ha scritto un verso che continua a ripetere da decine di anni ed esprime quello che sto pensando:
    si whi wo oho shi whin
    (non so se l’ho scritto giusto, cito a memoria…) che tradotto significa: NON VERREMO SPAZZATI VIA
    anche questo dunque è ciò che penso: non verremo spazzati via.

    Sono contento che il povero Cicitu Masala sia morto prima di vedere tutto ciò.

  3. >fabio,
    mancu eo so fine meda e ti ringrazio ca asa nadu totu su chi, poi de duas dies de desertu, de silenziu in sa ucca e in su coro, eo e totu, oe, aia chefidu abboigare.
    Sunu, eo mi n’de esso a fora, pobulu ‘e theraccos, sempre grusciados, no ischini piusu caminare erettos, si mangana pari pari pro acuntentare su furisteri, pro duas sesinas o pro idere sas fizas a culu nudu in sa televisione…ma no aggiungo ateru, asa nadu totu tue. GRAZIE

    albè,
    forsi pius de calecunu e nois ada a restare rizzu, in pes e in conca sua, NON VERREMO SPAZZATI VIA…
    ma sa Saldigna?
    sos mattones n’de los ana ja ogados dae sutta su lettu e no ana a istentare a fraigare finzas in mesu e su mare…
    n’de zappana s’iscola: duas generasciones de poleddos… (este unu dannu), ma poi si podet torrare a pessare, a faeddare, a comprendere, a istudiare…
    ma
    su zimentu,
    su nucleare,
    sos dirittos negados,

    cussos sun chena rimediu.

    E sa dignidade perdida?… b’at zente chi forsi si che morit, chena la idere piusu, no bi la torrat pius nesciunu, ca prima chi sos ladros, imbonidores, jotulas, traficantes de votos, faulalzos, corrutores, massones si che andene dae custa terra bella e maleitta sa vida issoro la tenaere finida.
    Ma comente naraiat Gramsci “(istruitevi perché) AVREMO BISOGNO DI TUTTA LA NOSTRA INTELLIGENZA” e tando…RESISTENZIA
    Imma

    mi scuso con chi non conosce il sardo (e anche con chi lo conosce per la disortografia), ma oggi più che mai sento di esprimermi nella lingua della mia terra. non permetterò loro di omogeneizzarmi togliendomela, sono sos THERACCOS che devono dimenticare la MIA lingua, non la meritano. Solo in questo discordo da Fabio.

  4. >Da quando è cominciata l’avventura del Renàutobus, fra i protagonisti della serata (Paolo Fresu, Alessandra Beradi, Bruno Tognolini, Michela Murgia, Marcello Fois e me) non si è mai interrotta una rapida e quotidiana forma di comunicazione collettiva che tuttora ci tiene insieme. Con Michela e Marcello per me era già abituale, ma ora è come se anche con gli altri si fosse creato un gruppo di pensiero solidale. Ci scriviamo in privato, ma ogni tanto avrei voglia di rendere visibile qualche lettera che per me ha un’estensione più “pubblica”.
    Lo faccio con una lettera di Bruno Tognolini e un’altra di Michela Murgia.

  5. Bruno Tognolini

    >lettera a Soru di Bruno Tognolini

    Presidente Renato Soru

    So che probabilmente avrà ben altro da pensare, oggi.
    Ma mi stava a cuore scriverle subito, sul ferro caldo della sconfitta sua e nostra, per dirle due cose.
    La prima può parere inutile e puerile, ma non lo è. Piangere compiutamente la sconfitta è importante quanto gioire legittimamente per la vittoria.
    E allora la prima è questa: mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. È importante dirlo.
    Più di quanto mi sia dispiaciuto altre volte, per le tante altre sconfitte, di cui ormai abbiamo panoplia e galleria. Mi dispiace di più, stavolta, forse perché ho “preso parte” in prima persona, ho contribuito con scritture e letture alla sua battaglia. Ma non solo per questo: anche perché, facendone parte, ho potuto sentire un’onda di energia, una vampa inconfondibile di presenza, che non sentivo da anni. Mi dispiace che quella vampa non sia bastata, neanche stavolta.
    Non è bastato, dannazione, ma è servito. Per capire o confermare una visione.
    C’è una tribù dispersa, in giro per l’Italia, distratta e distante, una Compagnia di solitari in esilio dentro i propri cammini, come i Raminghi del Signore degli Anelli, che ostinati procedono in silenzio nell’attesa che passi la nottata. Quella nottata che a ogni sconfitta pare allungarsi, e di cui oggi, sarà pure illusione del lutto, ci sembra di non vedere più la fine.
    Ci sono ovunque questi Raminghi, in tutta Italia: io li incontro nei miei giri incessanti per scuole e biblioteche e comuni, sono insegnanti e scrittori e dirigenti scolastici e bibliotecari e librai e tanti altri. Altri li incontreranno in altri mondi, ingegneri, medici, studiosi, giornalisti, giuristi…
    Una parte, una sotto-tribù, la parte sarda di questa Compagnia Dispersa, si è radunata nelle scorse settimane attorno a Renato Soru. Ciascuno ha tirato fuori sotto la luce del sole le sue idee, che custodiva in silenzio in attesa di momenti come questo. Ciascuno ha tirato fuori le sue armi, cioè la perizia nel dare forma a queste idee. Forma verbale, musicale, poetica, politica, concettuale: le armi che usava ogni giorno nel suo solitario cammino. E queste forme, queste armi di linguaggio e cultura, scoperte al sole, hanno mandato un confortante sfavillio.
    Può sembrare consolatorio sgranare ora il rosario dei distinguo, il “quantitativamente” e il “qualitativamente”. Può sembrare inutile: nelle elezioni vince la quantità, non la qualità. Ma se è consolatorio è ben giusto che lo sia: consolarsi è sana e legittima cura, dopo i rovesci. E grandemente consola poter dire che la qualità etica ed estetica, intellettuale e artistica e umana dei Raminghi che Renato Soru raduna intorno a sé è molto alta.
    E forse il sottile invisibile gioco della quantità con la qualità non è solo consolazione, non è inutile mascheramento, ma al contrario può celare sorprese per il futuro.
    Ora molti di questi Raminghi, molti di noi, torneranno nei loro cammini dispersi, torneranno in sonno. Ben svegli e attivi, beninteso, in questo sonno. Io per esempio non mi sono mai fermato, posso dirlo senza rischio di enfasi, come nota di fatto. Non ho cessato mai di combattere contro la miseria culturale, contro la cattiveria impoverita, libro per libro, incontro per incontro coi lettori, puntata per puntata di Melevisione. Ognuno tornerà nella sua contea, a combattere la sua battaglia, solitaria o con pochi compagni di imprese. Ma per la Compagnia – e uno scrittore sente in modo curioso queste parole – ora è il “sciogliete le righe”.
    E qui viene la seconda cosa, Presidente, che le volevo dire.
    Non c’è molto di onorevole nell’offrire la propria opera a un vincitore; è più decoroso offrirla a uno sconfitto. E allora sappia, Presidente Soru, che quando i tempi lo consentiranno, alla minima schiarita nella notte, quando lei riterrà che sia giunto il momento di richiamare a raccolta la Compagnia dei Raminghi, per quello che posso fare e che so fare, io ci sarò.

    Bruno Tognolini

  6. >Io lo so che non verrete (non verremo?) spazzati via. E’ questa certezza che mi trattiene dal mettermi sotto una coperta e cercare di non svegliarmi più.
    Un abbraccio, Alberto

    Milvia

  7. >lettera privata di Michela Murgia che mi autorizza a rendere pubblica.

    Soffro, tanto che non ho la forza di scriverne altro che qui. Magari fosse la rabbia naturale di chi ha perso le elezioni. Per quello basterebbe la frase di Churchill, ingratamente trombato dopo aver condotto l’Inghilterra alla vittoria: “è la democrazia, è per questo che abbiamo combattuto”. No, la mia non è la rabbia di chi ha perso le elezioni, e non ho bisogno di chiedervelo per immaginare che non sia nemmeno la vostra. Mi schiaccia piuttosto la nostra insignificanza, la certezza ora anche matematica che siamo rimasti da soli a vedere che quello che abbiamo subito non è un rovescio di natura elettorale, ma antropologica; siamo davvero rimasti soli a saper mettere amaramente a fuoco la prevalenza di un modello di uomo a cui non vogliamo assomigliare, e di un modello di mondo in cui non vorremmo mai vivere? Che la posta in gioco almeno stavolta fosse stata capita da tutti o quasi, io – lo ammetto – ci avevo sperato davvero. Invece per l’ennesima volta ci scopro piccolo resto in un gioco di grosse sottrazioni, orfani anche dell’illusione di poter essere, nella nostra privilegiata minoranza, almeno un lievito per la tanto più voluminosa massa della pasta. Sarei ipocrita se non dicessi che mi sento sconfitta nel senso più intimo del termine, e provo tutto il peso di quello che Alberto chiama “il lutto della mente”. Nondimeno non ho perso, davanti a quella che non abbiamo bisogno di vedere fino in fondo per riconoscere come barbarie, la spinta ad essere scomoda con più determinazione, e a rivendicare mai fortemente come ora il nostro ruolo, mentre intorno a noi si ingrossa già la fila allo sportello unico di chi sa come va il mondo, e tra combatterlo e servirlo ha scelto da tempo da che parte stare. Ci spetta il compito di ricostruire una coscienza, e se non sapessi che ci siete mi sentirei ancora più piccola di quel che sono. Vi abbraccio forte Michi.

  8. >grazie Imma
    grazie Milvia

    per i vostri commenti
    sento che niente è ancora perduto…
    solo il tempo – preziosissimo

    la nostra Sardegna, la nostra Italia e il nostro Mondo sono già liberi.
    Si tratta solo di allargarli sempre di più.

  9. Marco Antonio Pani

    >Ho letto Alberto, grazie per il tuo bel post. Lo condivido e ho letto con partecipazione tutti i vari commenti.
    Io per ora sono ancora senza parole. Forse penso solo che è ora che la finiamo di pensare a sinistra o destra, che chiudiamo una volta per tutte con i partiti italiani e con i loro sistemi e le loro schifose beghe da risiko della politica
    perchè tutto ciò che ci rimane forse è finalmente la rivendicazione e la persecuzione della libertà e dell’indipendenza.
    E che i Theraccos se vogliono, continuino a fare i Theraccos, ma se ne vadano via, per farlo. Non capisco perchè sono i giusti, quelli che se ne debbono andare,
    per lasciare agli stronzi la facoltà di vendere terra, mare, cultura, dignità e culo degli altri sardi.

    Un abbraccio
    Marco Antonio

    P.S.: ho postato il tuo blog sulla mia pagina di facebook (almeno fin che la tengo aperta…)

  10. >Caro Masala, se non sono di troppo gradirei lasciare un messaggio.
    Proprio ieri ho avuto una discussione con un mio ex compagno di scuola, che mi diceva chiaro e tondo che anche se Berlusconi avesse candidato lui, avrebbe vinto contro Soru, perché Soru “non lo può vedere nessuno in Sardegna”. Poi come se niente fosse ha aggiunto: io preferisco governi un mafioso ma che dia lavoro, poi, di quello che fa lui con i suoi soldi non me ne frega niente. Non mi ha sorpreso per niente questo “concetto”, anche perché è quello che credo pensino tutti coloro che votino Berlusconi. Infine mi ha detto: il vostro errore è pensare che tutti quelli che preferiscono Berlusconi siano tutti matti. Avrei mai potuto smentirlo? E’ quello che penso e ho sempre sostenuto, e per quante colpe si possano dare al centrosinistra, per quanto si possa criticare una classe dirigente sostanzialmente vecchia, per quanto si possa imputare anche al governo nazionale di esercitare un’opposizione molle e di non riuscire a imporsi agli occhi della gente come vera alternativa possibile, per quanto si cerchino le colpe in Renato Soru, io non riuscirò mai a capire come la Sardegna abbia deciso di affidarsi a Berlusconi e di augurargli lunga vita. Sono passati già tre giorni dal voto e ancora non mi capacito di quello che sia successo, non mi capacito di dover sopportare l’immagine sovrastante di un uomo che ha candidato un fantasma e sia riuscito a vincere con una maggioranza schiacciante, non mi capacito dei discorsi della gente che crede nel sorriso smagliante del capo, non mi capacito di come il mondo politico non abbia detto niente dopo la condanna per corruzione dell’avvocato Mills ( corrotto da Berlusconi, cittadino al di sopra della legge stessa, protetto dal lodo Alfano ) tutti presi dall’entusiasmo per la vittoria del Gladiatore Silvio, e per l’uscita di scena di Veltroni. Anche a noi Sardi, ho constatato, piace il padrone, il capo dei capi, piace uno che comandi severamente, che venga e prometta a tutti posti da ministri, l’importante è che si mostrino le tette a tempo debito.
    Io, mi dispiace smentirvi, finché sentirò discorsi del genere, finché assisterò a frasi come “la Sardegna deve tornare a sorridere”, finché vivrò in un isola di pecore ( e non più di pastori ) non avrò speranza.

    Saluti

  11. >anzitutto, caro Giuseppe, qui non sei ‘di troppo’, anzi trovo grande l’utilità dei tuoi discorsi che si basano su una intelligente concretezza.
    Se dovessi dirti qualcosa al riguardo, direi solo che tu fai del ‘particulare’ il generale, cioè che il caso del tuo amico è emblematico e molto diffuso, ma non è tutta la Sardegna.
    Un solo appunto. Ancora mi sorprendo del cambio di direzione sulle questioni della dignità in Sardegna. Quando abitavo laggiù, 34 anni fa, dalle mie parti veniva guardato con un sano disprezzo chi chiedeva favori ai potenti… oggi pare normale umiliarsi davanti a loro.
    Ecco, questo è il dato antropologico che più mi preoccupa e mi da il segno del decadimento di una tensione nei singoli come nelle comunità.
    Ma non trovo possibile la resa incondizionata, e, quindi, la tua posizione è solo inizialmente giustificabile.
    Condivido con te l’amarezza e lo sconforto, ma non dico:”lasciamoli fare”.
    Nemmeno se avesse vinto Soru l’avrei detto, perché, come non consegno il mio destino nelle mani di un lìder maximo, altrettanto sostengo che gli errori di un governante sono dovuti per il 50% almeno al silenzio dei governati.
    Credo soltanto che Soru ci mettesse in condizioni di far procedere l’intelligenza, che però, sappiamo, può generare consenso come critica.
    Questi vincitori oggi ci rimandano indietro sulle possibilità, ma non spengono il nostro cervello e lo spirito.
    Fatti coraggio e continua a pensare.E non ti conquisteranno mai.
    Gli altri? se loro non pensano è anche nostra la responsabilità.
    Diamoci da fare.
    Diamogli un modello di dignità a cui ispirarsi.
    ti ringrazio e ti saluto
    alberto masala

  12. >Caro Alberto i sardi hanno deciso di rimanere sudditi, ho letto il tuo post e la penso come te.
    Ho apprezato molto la lettera a Renato Soru scritta da Tognolini e anch’io mi sono sentito
    un Ramingo.Ho vissuto i miei 4 giorni elettorali
    nel totale disagio in Sardegna.Tirava già una brutta aria appena sono arrivato, ho sentito tante, troppe persone prendersela con Renato
    Soru( e anche con me quando dicevo che bisognava votarlo)accusandolo di cose false e visibilmente strumentali create apposta da una informazione
    locale allineata a quella nazionale, agressiva e psicofascista.Ho sentito offesa la memoria di uomini, donne e bambini morti di miniera perchè lavoravano in condizioni disumane, trattati come schiavi dai loro padroni che dei sardi e della sardegna non gli importava niente. Proprio come
    questi che adesso dovrebbero governarla, e invece si preparano a rovinarla.
    Sono tornato deluso e triste dalla nostra isola
    ma non mi sento vinto. Hai ragione, non ci spazzeranno via, ci sono ancora tante persone
    sensibili e intelligenti dentro e fuori la Sardegna che faranno sentire la loro voce, ognuno con i mezzi di cui dispone.
    Il tuo blog è importantissimo, è una delle fonti di cui mi nutro quotidianamente. ti ringrazio.

  13. >sono io che ringrazio te: questo blog non esisterebbe se tu non lo leggessi. Quanto al clima, hai ragione. In Sardegna c’è l’aria pesante che tira quassù, in tutta Italia. Le condizioni oggi sono quelle del pre-fascismo con una differenza: allora erano la borghesia agraria e quella industriale a dettare legge, oggi è quella mediatica da cui Berlusconi, grazie alla legge Mammì ed alla dabbenaggine della sinistra, è agevolmente scaturito. Lui incarna fedelmante il programma della P2 – di cui ha la tessera e in condizioni normali basterebbe questo per sbatterlo in galera – oltrepassandolo addirittura in alcune cose che lo riguardano di persona: il lodo Alfano e la sua impunibilità sono preoccupanti, la chiesa ha una direzione che, come ai tempi dell’arrivo del fascismo, lo sostiene e lo conforta… la sua battuta sui desaparecidos è emblematica: è l’orazione funebre per Pio Laghi… il suo legame con il corso post-Marcinkus è la saldatura che spiega molte cose…

    Ma non ci fermiamo. fra qualche giorno, nel nostro piccolo, inizieremo in rete un nuovo percorso più strutturato e sistematico … anche questo blog proseguirà (per come posso e riesco). Spero, in luogo o nell’altro, di continuare a parlare con te
    un abbraccio
    a.

  14. >Salve, da “sardo a metà” (come discutevo con Marco Antonio su facebook che non mi vergogno di usare….) volevo dire la mia e se mi permettete vado anche un pochino controcorrente….
    Mi inserisco anch’io nella categoria di chi “sta fuori”, non dei Raminghi perchè mi è sembrato quest’ultima avesse una connotazione Culturalmente Attiva e comunque filo-intelletuale di chi “è” qualcosa e “fa e dice” qualcosa.
    Io non sono nessuno e sostanzialmente mi faccio i fatti miei, molto poco “costruttivo” e tremendamente attuale ed italiota ! vabbè….
    La cosa che salta subito all’occhio è che qui dentro si avverte subito il concetto di “Nostalgia”.
    Anch’io, da sardo a metà, so cosa vuol dire, anzi…. rispetto a tanti, forse anche di più, perchè a me, che Sardo mi ci volevo sentire a tutti i costi e mi ci sentivo nonostante la mancanza di origini, dalla Sardegna mi ci hanno portato via a forza ! 🙂
    La nostalgia dunque è concetto che esprime la tristezza da allontanamento ed attraverso il quale si crea quella particolare tensione di appartenenza dunque ad un qualcosa che manca alla vita di tutti i giorni.
    Quando a più riprese si è pavesato chiaramente come doveva essere l’andazzo degli italiani nei confronti della società e della politica dall’avvento di Berlusconi ho cominciato a chiedermi seriamente se le grida di “pericolo”, “vendetta” e quant’altro professato sistematicamente in seguito dalle Sinistre fossero realmente oltre che simbolo di sdegno, rivincita e lotta anche e/o semplicemente di mera frustrazione.
    Più si va avanti e più concordo sull’ultima analisi.
    E allora mi chiedo : che diritto abbiamo noi di giudicare chi, diverso da noi, dal nostro mondo e quindi dalle nostre scelte, sta a nostro giudizio sbagliando qualcosa. E sopratutto che diritto abbiamo di farlo facendo leva su una presunta aurea intellettualoide che ci innalza Superiori dinanzi alla plebe ignorante ?
    Perchè una volta per tutte non ci si ferma ad ascoltare quello che realmente gli eventi ed il comportamento della società attuale ci stanno dicendo ?
    Noi abbiamo nostalgia della sardegna, ma il sardo che ci vive di che cosa deve o può avere nostalgia ? Io non mi dimentico che adolescente avevo un fottuto bisogno di poter esprimere la mia voglia di vivere in modo differente da quanto ci permetteva anche già una città come cagliari, mi ricordo di quante volte si fantasticava di andarcene in inghilterra, a Milano a Roma o che…. e credete che da allora le cose siano cambiate ? E credete che un ragazzo di 15/17 anni sia più avvezzo a badare ai contenuti delle cose piuttosto che alla forma come per i suoi coetanei di tutto il mondo ? E credete che una società sempre più consumistica e capitalistica possa permettere ciò ?
    No, non credo lo pensiate. E allora prima di criticare gli Schiavi che hanno votato Berlusconi dovremmo fare, pensare ed agire affinchè questi schiavi si liberino innanzi tutto delle catene della sofferenza patita per la mancanza dei beni materiali che la moderna società insegna come portatori di vero benessere e poi passare all’azione di forza attraverso la quale la massa si plasma e si induce verso quelle che NOI reputiamo scelte migliori, sperando iddio che non si sia noialtri totalmente fuori dal mondo !
    Diversamente risulta sterile la nostra lezione davanti al crescente bisogno di cellulari ed auto di grossa cilindrata e ferie in posti di lusso. Guardiamo in faccia la realtà e cerchiamo di comprenderla, capirla, assecondarla addirittura calandoci nella parte di chi tanto deprechiamo…. e poi forse possiamo trarre delle conclusioni. Anch’io come voi ho scelto il mio mondo, il mio modo di essere e di vedere la vita, ma non per questo, pur sentendomi, lo confesso, superiore a molti, non per questo mi arrogo il diritto di dargli in faccia del deficiente, preferisco l’ipocrisia di una astensione da ogni giudizio se questa poi può portare reale riflessione. Dobbiamo sforzarci di capire ed assimilare i tempi che viviamo, dobbiamo poter “parlare sardo” coi sardi ed italiano coi “mezzi-sardi” altrimenti non v’è comprensione tra le parti e se non v’è comprensione va da se che non v’è poi dialogo.
    I Berluscones (gli ex edonisti reaganiani degli anni ’80 !!! ci son sempre stati e a tutte le epoche !) non comprendono le ideologie di sinistra…. quelli di sinistra, gli illuminati, non comprendono i capitalisti firmati dalla testa ai piedi…
    E come può esserci un dialogo risolutore difronte a tutto ciò ? Ma se allora noi siamo gli illuminati, perchè non iniziamo noi a sforzarci di comprendere e di iniziare un serio e reale dialogo ? perchè poi dall’alto del nostro “sapere” non intraprendiamo molto semplicemente una piccola, ripeto piccola rivoluzione culturale, andando giorno per giorno, persona per persona a trsmettere con estrema calma e sertenità quelli che sono i capisaldi delle nostre ideologie e che così ardentemente crediamo essere i soli propugnatori di pace e fratellanza e costruttori di una giusta società (ma siamo veramente sicuri di quali siano e sopratutto del perchè…?)? Se loro non sono in grado di farlo tocca a noi l’onere di questa lenta e inesorabile (se si vuole cambiare) rivoluzione culturale del “dialogo”, facciamolo… e arroghiamoci (sbagliando) poi anche il diritto di credere che siamo migliori di loro, ma intanto staremo facendo qualcosa di buono per capirli, per entrare nel loro spaccato quotidiano così banale e piccolo borghese.
    Prima il dialogo, poi la rivoluzione culturale e se i tempi ancora non saranno maturi per un reale cambiamento, allora, e solo allora si potrà passare ai fatti ! Ma ricordiamoci che le vere Rivoluzioni le organizzano e le fanno in pochi…. le masse di solito subiscono e stanno a guardare o partecipano in maniera del tutto casuale ed involontaria…
    E quanti di voi, di noi, sarebbero disposti a “sporcarsi” poi le mani ? Leggo da una qualche parte di questo bellissimo blog “Nessuna cultura mai potrà impugnare un’arma”…. parole sante, ma la cultura infatti in 4000 anni di storia dell’uomo non ha potuto nemmeno cambiare il suo istinto animale da una parte e dall’altra quello più cinico e sprezzante tipico del suo individualismo.
    Solo le Rivoluzioni a volte han cambiato il corso della storia. E raramente i “teorizzatori illuminati” si son visti impugnare l’arma aborrita ma haimè necessaria, quello lo hanno lasciato fare al popolo.
    Forse anche noi invece dovremmo capire che ogni tanto può essere necessario un pò meno cultura ed un pò più di Azione….
    Perdonate la mia schiettezza.
    saluti

  15. >caro Dave,
    non ti ho risposto subito per mancanza di tempo.
    E devo dire che la tua lettera mi ha un po’ fatto incazzare. Parli senza sapere. Dunque perdona la mia veemenza, ma voglio comunque affettuosamente risponderti e ringraziarti per aver scritto qui.

    Nel commento colgo un problema non mio: una certa sindrome per quelli che tu chiami sprezzantemente “intellettuali” e che per me sono soltanto quelli che usano l’intelletto, un bene preziosissimo e indispensabile.
    Per tutta la mia vita non ho fatto altro che usarlo, sebbene sia stato costretto dal mio orgoglio e dall’esistenza anche ad alternare con lavori ‘altri’. Non ho mai esibito il curriculum (spero che in questa piccola risposta pochi lo leggano), ma con te mi pare davvero il caso di farlo.
    Almeno per prendere distanza dall’atteggiamento alla Fahreneit 451 di chi vorrebbe bruciare i libri proprio come nei secoli hanno fatto le chiese o i nazisti.
    Chi scrive, dopo quasi due lauree prese in cinque anni e mezzo, ed un paio d’anni di un’altra (pagati da me), nel libretto di lavoro, ha la qualifica di muratore ‘di seconda’, oltre a quella di restauratore, camionista, impaginatore, pontista, e così via… risparmio l’elenco dei lavori più umilianti. Nel frattempo ho anche trovato il tempo di:
    1. co-fondare la prima bottega di maschere a Venezia con un gruppo di teatro di strada (2 anni)
    2. co-fondare un teatro a Bologna e rimanerci 6 anni
    3. fondare un’etichetta di produzione cinema (2 anni)
    4. lavorare nelle radio alternative
    5. aprire il primo spazio di arte nel sociale (il famosissimo NOWALL) e trovare il tempo per agire nell’arte contemporanea
    6. dirigere eventi internazionali a Bologna, Berlino, Salonicco, Amsterdam… lavorando a costruire la rete internazionale dei centri indipendenti
    7. co-fondare il LINK di Bologna e restarci finché ha fatto cultura (ora è una discoteca dove vanno a ‘sballarsi’ quelli col cervello un po’ più leggero del mio).
    8. dirigere un festival in Sardegna (ad Asuni) con un progetto non male, se fosse finanziato…

    e intanto SCRIVERE (che quello è il mio vero lavoro) SCRIVERE e LEGGERE… fare letture in tutta Europa e negli USA… essere tradotto e tradurre…
    ed abitare a Londra, in un bordello di Istanbul, in un caravan serraglio di Houmt-Souk, e 6 anni avanti e indietro dalla Francia…
    SEMPRE COI MIEI LIBRI da leggere appresso, che mi danno gioia, felicità, e, soprattutto, il senso di essere un uomo libero che NON PRENDERANNO MAI – e sono certo che non succederà, visto che sono arrivato a quasi sessant’anni intatto.
    ATTENZIONE: in questo tempo ho anche avuto la gioia di far nascere, da tre madri belle e intelligenti, tre figli belli e intelligenti.
    A loro sto trasmettendo la NECESSITA’ della cultura e del pensiero per non essere servi di nessuno.

    Dunque, per chiarire, avendo sempre lottato, ho visto sfilare a poca distanza da me anche la lotta armata, ed ho SEMPRE pensato (ed avevo ragione) che la maggior parte di quelli che la praticavano erano poveri stupidi molto spesso manovrati da poteri oscuri. Ogni volta che con l’intelligenza si conquistava qualcosa, arrivavano loro a demolire tutto con una imbecillità ottusa e funzionale ai nostri (e loro) nemici.
    Se invece parli della Resistenza, beh… allora non ero nato, ma ci sarei stato anch’io: non c’era altro da fare.
    Ma ricordati che chi la dirigeva e la organizzava erano INTELLETTUALI: quelli che hanno scritto la Costituzione. Se ancora hai qualche diritto, lo devi a loro.

    Dunque perdonami, ma non capisco proprio il tuo discorso… cosa mi chiedi? di diventare un imbecille per scelta? di essere come loro… un ultrà, un fascio, un cretino forzitaliota? di non leggere né pensare? di non scrivere più e scendere in piazza (ci scendo già, comunque)… a spaccare cosa?
    se nessuno analizzasse e strutturasse i pensieri, nemmeno tu sapresti cosa…

    non vesto divise, non impugno armi, non mi è simpatico chi lo fa. Se libereremo la Sardegna sarà soltanto quando la gente ricomincerà a leggere e pensare.

    ps
    nessuna “Nostalgia”. A me fa lo stesso effetto di un colpo di diarrea allo stomaco.
    Ma io so di appartenere ad un popolo ed avere una lingua. Sputarci sopra sarebbe come sputare sopra la tomba di chi me l’ha insegnata…
    Hai presente i Kurdi? i pellerossa? i ceceni? ecco: d’ora in poi dimentica Cagliari e comincia a pensare che la Sardegna ed i Sardi esistono ancora… un po’ più su, all’interno.

  16. >Alberto,
    GRAZIE per le parole che hai avuto per Dave, mi chiedo se le abbia capite. Io e le persone con cui condivido i miei “viaggi” in rete si.
    Con stima
    imma

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