Grigio di Baghdad 

di Alberto Masala
Parto da Baghdad con i suoi 1400 checkpoints in una triste prima mattina di pioggia che rende ancora più plumbeo il grigio del cemento e più fangosa la polvere marrone degli sterrati. Il grigio qui non è più un colore: è una condizione mimetica che pervade lo sguardo appiattendolo in visioni disperate. Anche il respiro è razionato a brevi dosi in un soffio d’angoscia senza mai distesa. Nell’ultimo tratto, mentre il Toyota s’infila nel percorso obbligato tra i blocchi di cemento, penso alla generosità di Nicola Calipari ed alla forza di Giuliana Sgrena che ha scelto di tornare fra questa gente. Era marzo, sono passati giusto 5 anni. Mi guardo attorno e non riesco a pensare ad altro. Dov’era appostato Lozano? A che punto del percorso ha sparato?… è un’orribile sensazione percorrere uno spazio dove qualcuno ha ucciso, è un peso che arriva al cuore come se la stessa terra rifiutasse di inghiottire quel momento e lo rendesse materia solida, pesante e difficile da attraversare. E non si arriva mai… 14 passaggi, gli ultimi, dall’accesso dell’aeroporto al portellone dell’aereo: mettiti in fila, passaporto, apri la valigia, fatti perquisire, chiudi la valigia, togli la giacca, vuota le tasche, passa al metal detector, qualcosa squilla… la cintura, i bottoni metallici della camicia… lo scanner… ok, rivestiti, rimetti tutto in tasca… avanti il prossimo. Posso partire dall’Iraq. Sono illeso, le uniche tracce che esporto stanno nel profondo e mi hanno solcato l’anima lasciando detriti incancellabili. Ho visto poco e quasi tutto dai finestrini del pullman che ci ha portava sempre scortato da due pickup pieni di armati.

Dov’ero? A Bassrah (Bassora) al festival nazionale di poesia Al Marbid (o Marbed, Marbad, Marbadi, Marbeda nelle sue declinazioni…), e a Baghdad per una coda finale invitato dal Ministero della Cultura iraqeno. Il segnale di ripresa della “normalità” in un paese che vuole ricominciare a comunicare la propria capacità di produrre arte e pensiero. Il primo evento culturale, orgoglioso e fragile, persino prematuro e inattendibile dopo tanta guerra che tuttora non può dirsi finita… E per la prima volta il festival della poesia iraqena, interrotto da anni, si apre agli stranieri nel nome di Buland Al-Haidari, morto nel 96, innovatore di poesia e difensore dei diritti umani. Nel segno della libertà di espressione multiculturale. Un centinaio di poeti iraqeni, tutti i migliori, anche donne in una bassa percentuale di quota rosa perfettamente europea. Una grande assenza: Sa‘di Yusuf, l’enfant-terrible difficile da governare, indomabile, resistente, e, peggio, perfino comunista… (chissà cos’avrà combinato per non farsi invitare…). Nonostante i molti chiamati da Muniam al Fakir (poeta che vive a Copenhagen) e Aqeel Mindlawi (funzionario che si occupa del festival), solo uno sparuto gruppo di stranieri ha l’audacia di arrivare lì. Non ero l’unico italiano: c’era Anna Lombardo da Venezia. E, per citare alcuni poeti, Jack Hirschman con Agneta Falk, cari vecchi compagni di tante vicende, Eric Sarner (filmaker francese ora in Uruguay), gli spagnoli Angel Petisme (cantautore) e Maurilio de Miguel (scrittore e giornalista), Kamal Akhlaki dal Marocco, Bayan Al Safadi dalla Siria …

Bassrah, città dell’estremo sud alla foce dello Shatt-el-Arab, il Fiume-degli-Arabi formato dalla confluenza del Tigri con l’Eufrate dove finisce la Mesopotamia, sta giù nella tormentata strettoia sul mare tra Iran e Kuwait. Per tre giorni letture di continuo. A lato anche due mostre: pittura e fotografia, notevole questa per la presenza di un interessante ritrattista e di un reporter che lavora per la Associated Press. E tre concerti: sinfonico (miracolosa esecuzione di “Quadri di un’esposizione”), folklorico, e classico con l’orchestra nazionale di Oud.

Insomma, sono stato lì e ne sono tornato indenne. L’amorosa e allegra brigata che ci scortava aveva attenzioni e presenza quasi eccessiva, o almeno così pensavo all’inizio di quella scrupolosa preoccupazione e della ricorrente domanda degli intervistatori: “Vi sentite sicuri? abbastanza protetti?”

Ma a Baghdad ho capito e provato riconoscenza per tanta accurata protezione. Nella notte mi mostrano un hotel bersaglio del fuoco americano: ha un’ala spenta, scura, come un gigante stordito la cui bocca spalancata, mi dicono, era la sede di Al Jazeera. Per le strade nessuno. Dalla finestra al quarto piano del mio albergo decaduto, polveroso e fatiscente, vedo lo scorrere del Tigri e, all’improvviso, fiammate di colpi sull’altra sponda. “Oggi sono arrivati i risultati elettorali”, penso. Ci si abitua a tutto? No. Alla guerra no. Ai morti che ancora si producono ogni giorno senza far notizia, alla fierezza dolce di un popolo innocente che cerca di mantenersi in piedi nel dolore, alla dignità dei suoi poeti e intellettuali feriti in maniera insanabile nello spirito, ai quei bambini che ci accolgono cantando nel teatro circondati da militari armati, ai carri armati leggeri ad ogni incrocio, alle pericolose facce da rambo dei contractors… a questo non ci si può abituare. Ne sono per sempre testimone. Di rabbia. Per il mio paese interventista che ha acriticamente sostenuto una menzogna sporca di business e petrolio. Di orrore. Per la vigliaccheria di chi l’ha sostenuta giustificando l’occupazione. Di ribrezzo. Per l’arrogante presunzione di chi pretende di esportare democrazia in una terra che sa di essere culla della civiltà. Di disgusto. Per una crudele sub-cultura che millanta valori morali ma pensa agli affari. Che cosa siamo diventati? Provo dolore. Davanti ho l’umanità di chi, pur nella sofferenza, sa accogliermi con affetto e rispetto.

Ora so che niente è sprecato. La solidarietà attiva serve davvero specie se si ha l’occasione di poterla trasformare in presenza. Infatti, pur sapendo di rappresentare solo me stesso, sentivo l’enorme spinta emotiva di migliaia di persone che testimoniano la loro opposizione alla guerra. Di questo hanno bisogno: traducevo un gesto d’amore collettivo per continuare a nutrire il coraggio di chi resiste. 
SCHEDA DELL’EVENTO

Al Marbid, l’importante festival nazionale della poesia in Iraq, si svolge a Bassrah ed è voluto e sostenuto dal Ministero della Cultura. Interrotto per tanti anni, quest’anno ha ripreso con la 7° edizione intitolata al poeta kurdo-iraqeno Buland Al-Haidari scomparso nel 1996 dopo 30 anni di esilio. Lo slogan dell’edizione 2010 è: “Per una cultura nazionale della libertà di espressione e della multiculturalità”. In tre giornate vengono ospitati poeti iraqeni di tutte le provenienze, città e culture nazionali (kurdi, turcomanni, arabi, ecc…). Per la prima volta erano presenti anche poeti non Iraqeni. Gli invitati stranieri erano: Jack Hirschman (USA), Agneta Falk (Svezia/USA), Angel Petisme e Maurilio de Miguel (Spagna), Eric Sarner (Francia), Alberto Masala e Anna Lombardo (Italia), Sejer Andersen e Kristen Bjornkeer (Danimarca), Bayan Al Safadi (Siria), Kamal Akhlaki (Marocco), Ali Akbaş, Osman Çeviksoy, Nekdet Karasevda, Fatih Şahir, Imdat Avşar, Ayten Mutlu (Turchia). Si è svolto nei principali spazi culturali di Bassrah: Teatro Nazionale, Auditorium, Casa della Cultura. In parallelo anche mostre di arte visiva e concerti.



questo articolo è stato ripreso
dal blog di Angel Petisme(poeta e cantautore spagnolo, pacifista e antimilitarista, caro compagno di avventura in Iraq)
dalla rivista on-line Sagarana
in questo blog altri articoli sullo stesso tema:

28 commenti

  1. Maria Antonietta Mongiu

    >Caro Alberto, grazie mille per quanto mi (ci) scrivi. Vorrei (vorremmo) riportarlo sul sito di Sardegna Democratica. Fammi sapere se è possibile
    ciao e buon lavoro
    maria antonietta mongiu

  2. Elisabetta Marino

    >Grazie…. GRADITISSIMO
    Un abbraccio

  3. >Caro Alberto grazie,
    grazie per avermi fatto ripensare con la delicatezza del tuo racconto all'orrore della guerra e della violenza di un paese ancora vittima, grazie .
    un abbraccio
    r

  4. Serenella Gatti Linares

    >Caro Alberto, BENTORNATO!
    Innanzitutto, sono lieta che tu sia tornato indenne"; poi grazie x il materiale che ho letto tutto con grande interesse. Hai mantenuto la promessa di informarci. In un secondo tempo si potrebbe pensare ad un tuo reportage dal vivo…
    L'evento in memoria di Marta Pompei è andato bene, è stato toccante, di spessore. Ho letto le tue brevi parole su lei, seguite da un applauso. Complimenti (anche se non ami questo termine)
    e abbracci
    Serenella

  5. Virginia Farina

    >Grazie della condivisione, è bello pensare che la tua poesia sia arrivata fino a Baghdad, e abbia lasciato prima del check point di ritorno semi di un'altra libertà e molto amore. Sono felice che la tua poesia stia andando molto più lontano dei tuoi anni, e a proposito: auguri, e continua così, sei un vino buono.

    con affetto

    Virginia

  6. >Carissimo Alberto,
    non dirò a nessuno, ora, che ho letto un bellissimo articolo sulla poesia (speranza di vita) nella terra della guerra.
    Poesia e guerra: difficile da spiegare, impossibile da accettare.
    ti bacio
    giannina
    (fia in pensamentu…)

  7. >Caro Alberto,
    grazie per l'invio, avevo letto l'articolo della Nuova.
    A presto
    …le tue poesie sul comodino..
    Pina Zappetto

  8. >Caro Alberto, grazie dei materiali e dimmi tu quando posso mettere il tuo articolo in Adiacenze del sito di Milanocosa.

    Complimenti e saluti fraterni
    Adam

  9. Edvino Ugolini

    >Caro Alberto,

    grazie per il reportage, la prossima volta avvisa prima.

    Edvino

  10. >Grazie Alberto,

    grazie per essere andato li,
    per aver portato anche il mio pensiero di pace,
    per aver avuto il coraggio di andare in un posto dove c'è la morte ben sveglia,
    per avercelo detto,

    ti sono vicina e mi vergogno della mia paura.
    un abbraccio Rossella

  11. >Caro Alberto,
    ti leggo sempre con passione e sei sempre nel mio cuore.
    Il tuo diario dall'Iraq è un messaggio forte e chiaro. Come sempre.
    In realtà sei anche nella mia musica, infatti appena viene pubblicato, ti manderò il nostro nuovo cd…dove sei citato come ispirazione 🙂
    Insomma ti sento sempre vicino.

    Un abbraccio di cuore.
    A te a Fabiola e al piccolo Giordano che ancora non ho incontrato di persona !
    edi

  12. Giancarlo Sissa

    >Ciao Alberto, ho letto i materiali che mi hai andato, beh … toccanti, come prima cosa, ma anche molto chiari, limpidi, precisi … ottimo materiale per chi volesse riflettere un attimo. Del resto tutto ciò che svela e mette a nudo l'ipocrisia e l'impostura di quella parte di mondo in cui abbiamo avuto in sorte di nascere mi sembra utile, a maggior ragione se chi scrive sa di cosa parla ed evita il pietismo che talvolta ci sommerge con altrettanto ipocrite buone intenzioni.

    Da sempre tu porti in giro per il mondo una coerenza che ammiro – e che, come sai bene, si paga anche cara – e la possibilità di una voce, come dici bene, "collettiva" e, aggiungo io, incorrotta. Le parole sono le stesse per chi mente e per chi dice la verità, ma la verità suona diversamente e questo fa la poesia, credo.

    Complimenti quindi e grazie – hai fatto bene ad andare … e hai fatto molto bene anche a tornare! -.

    Stasera io e Valentina partiamo – in pulman – per Lisbona e torneremo a Jerez lunedì mattina. Lisbona è per me la città che sta a uno degli estremi dell'arcobaleno che la unisce a Istanbul (prima o poi riusciremo ad andare anche lì) e sono felice di tornarci con Valentina!

  13. Gianluca Cocco

    >Ci interessa, ci interessa…
    Nessun disturbo, tutt'altro.
    Sentire tue nuove è sempre un grande piacere.
    Un abbraccio particolarmente forte, capace di superare il mare se sei a Bologna e i confini nazionali, se sei ancora in Iraq.
    Luca

  14. Gianluca Paciucci

    >Caro Alberto,

    avevo gia' letto la tua bella intervista su Liberazione.

    Avanti, ora e sempre,

    Gianluca Paciucci

    spero a presto

  15. Loredana Magazzeni

    >Grazie, Alberto, molto interessante
    loredana

  16. >caro alberto masala
    ho ricevuto da una compagna del gruppo98 al quale appartengo il tuo reportage dall'iraq e mi sono sentita felice felice felice di conoscerti e ti mando un abbraccio grande come grande è la tua poesia
    paola tosi

  17. >grazie alberto per aver pubblicato queste notizie. non essendo riuscita a trovare i giornali, grazie della tua testimonzia, un bacio maria e giuseppe

  18. >Sono TROPPO orgoglioso di te!
    I tre articoli sono molto molto belli!
    Viene fuori con forza la tua personalità, la tua idea sulla vita, la tua umanità.
    SONO FELICISSIMO PER TE!
    Un forte abbraccio!
    paolo

  19. >Grazie Alberto,
    davvero interessante, lo faro' circolare dopo che sara' uscito nei giornali.
    un caro saluto

    Pina

  20. >Grazie…avrei voluto esserci.
    Sarina

  21. Francesca Ballico

    >grazie
    sono precisi e vibranti
    una voce necessaria anche in questa città che ha deciso di essere provincia di una nazione che ha deciso di essere sua volta provincia
    …come ci si possa fingere innocenti
    rovistando nel torbido di decisioni prese altrove

  22. >Alberto istimadu,
    gratzias pro custa litera chi m'as imbiadu, gratzias puru pro su chi as nadu e iscritu. mancari eo no sia amantiosa de sa poesia impignada su chi as fatu e iscritu est bellu e bonu meda. M'est agradadu su passazu inue naras chi tue ses sardu e as de sa poesia s'idea chi siat cosa de totu e no de pagos ebbia. Giustu.
    A su compleannu m'ana rigaladu unu liberu tou e nde so cuntenta meda. Cando penso a su chi naraiat babu tou!
    Cando penso a su chi tzertos intelletuales no a ancora cumpresu de te!
    A mezus bidere e bona fortuna. Clara.

  23. Antoni Canalis

    >Complimenti. Reportage poetico e intrigante. Sicuramente un'esperienza che coinvolge, con l'unico linguaggio davvero universale: la poesia.
    Con più d'una radice ozierese.
    Saludos mannos
    Antoni Canalis

  24. >Ho letto gli articoli, in particolare il tuo reportage e ho immagino l'impatto con quella terra.
    Io mi ricordo ancora la mia prima volta a Sarajevo, nel '98. La guerra era finita, ma c'erano ovunque soldati armati fino ai denti, check point, filo spinato e sacchi di sabbia alle finestre, buchi nelle strade…I simboli della guerra per la prima volta avevano una dimensione, un odore, un colore…Non dimenticherò mai il bambino che ci minacciò per gioco con un kalashnikov immaginario. Le sue mani mimarono il peso dell'arma e non l'arma stessa. In quel momento ebbi paura.

  25. >caro alberto
    l'ho letto tutto d'un fiato perchè scritto con l'anima e la carne come direbbe maria zambrano o come scriveva pasolini: il tuo è -corpo gettato nella lotta-.
    Ecco a cosa serve oggi la poesia, altro che inutili artifici del linguaggio!

    un forte abbraccio laura

  26. Roberto Pasquali

    >caro alberto grazie per avermi fatto partecipe di questa dura splendida esperienza e delle belle parole che l'hanno seguita
    davvero tempi tenebrosi i nostri dove il rovescio governa le menti e i cuori restano muti
    ti abbraccio e ti invio un mio breve testo che forse prova ad esprimere le stesse cose…
    roberto

    in questo incerto presente
    viviamo senza futuro
    la libertà riempie bandiere e partiti politici
    nel vuoto assordante di idee e passioni
    il palazzo è affollato e manca l'aria in quest'orgia di potere
    restano rare preziose parole avvolte dal loro silenzio
    angoli acuti della mente
    siamo fortunati e condannati al presente
    coscienti che se il domani è l'oggi del ieri
    ci sarà tolta anche la speranza di seguire
    l'esempio luminoso del frutto
    che conserva il seme e il profumo del fiore

  27. >grazie Alberto
    este unu piaghere leghere su ì iscrivès tue spero de di tennere in modena po attoviare sos lettores
    unu abbrazzu mannu
    marco

  28. Marina Manferrari

    >Caro Alberto, ho letto il materiale che ci hai inviato tramite Davide.
    Mi ha trasmesso, nello stesso tempo, forza e commozione
    grazie
    marina

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