intervista radiofonica sul libro
a cura di Serena Schiffini in
la resistenza è un'arte
intervista radiofonica sul libro
a cura di Serena Schiffini in
Alfabeto di strade (e altre vite) a cura di Giancarlo Porcu è uscito per il Maestrale.
La prefazione è di Alberto Bertoni, la Nota all’edizione e sulle rime sarde è di Giancarlo Porcu.
La selezione, che offre un panorama sulla mia scrittura negli anni, è divisa in due sezioni e cinque parti:
LIBRETTI
un paio di libretti ormai introvabili. Fra tutti, quelli di sorte più fortunata, come Taliban, uscito anche in edizione statunitense e francese, o Nella casa del boia (In the executioner’s house), uscito finora solo negli USA. Ambedue hanno l’introduzione di Jack Hirschman.
ALFABETO DI STRADE
– la leggerezza [1987-1993, 12 testi] di venti o trent’anni fa… cercando coraggio.
– il ritmo [1985-2004, 12 testi] della poesia di strada, quando ancora rifiutavo la pubblicazione su carta… e si creda che non è facile per me vedere linearizzato ciò che è stato concepito come canto, voce, fino alla percussione… ho davvero compiuto uno sforzo di coercizione.
– il condominio [8 testi], un dialogo infinito colto allo stato attuale: il più facile da scegliere perché evidentemente generato già nella stesura cartacea.
– a tenore [9 testi], canti in sardo, prevalentemente d’occasione, che nella loro forma tradizionale mostrano quale sia la mia vera formazione prescolastica: la grande eredità della poesia sarda cantata, quella che rende conto immediatamente ai propri ascoltatori, e nella quale sono stato allevato naturalmente fin da bambino: infatti è il sardo la mia prima lingua.
C’è anche una Nota dell’autore da cui riporto uno stralcio:
Dovevo scegliere. E, malgrado me stesso, ho scelto. Queste poesie e non altre… anzi, più che scelto, ho lasciato che sopravvivessero al loro naturale e congenito superamento. Un gesto che rasenta la generosità, dato che non insisto nell’amare ad oltranza ciò che scrivo.
Senza zappa sui piedi: ho serena consapevolezza che la scrittura, almeno la mia, sia una propaggine, un sunto di esistenza… di esistenze, che velocemente sa distaccarsi dalle miserie del corpo che l’ha provocata. Non ne soffro: sono fermamente convinto che l’unica cosa buona sia quella che ancora non ho scritto. E cerco di conservare questa tensione che forse mi permetterà di continuare a cercare finché vivo. Non rinnego niente, ma sono già oltre da subito: la santificazione appartiene a coloro che fanno della poesia una forma di realizzazione o di rappresentazione. Io ne faccio necessità e strumento per praticare autonomia interiore, coltivarne la tensione, poterla testimoniare, e non essere punito per questo.
Penso che le fasi della poesia siano quattro, e non abbiano necessariamente una corrispondenza anagrafica: l’infanzia, in cui ci entusiasmiamo ricopiandone i colori; l’adolescenza, in cui dobbiamo affermare l’essere siglando le nostre tags sull’anima; la maturità, in cui la forma ci incanta. La più pericolosa, quella che agita lo spettro della fama… e sappiamo bene che la fama è un cecchino che tira sul narciso, un terreno dove i più cadono e ne muoiono annoiandoci con la loro morte; e finalmente l’oltre, l’età della scrittura senza età, quella che non può parlare in nostro nome. È a questa che ci rivolgiamo, in questa possiamo celebrare la festa dell’alleggerimento dall’io, dove i poeti che ci hanno preceduti ci stanno già osservando.
Alphabet of streets – translated by Jonathan Richman – edited by Jack Hirschman
cc Marimbo press, Berkeley CA USA – ISBN 978-1-930903-86-3
regia di Stefano Fozzi
tecnici: Simone Casti e Damiano Marcialis
una produzione Rai Sardegna
Storico e critico musicale. Dal 2009 dirige e presenta il programma di storia Café del sur (Radio Nacional de España). Laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Bologna (2004) è dottore in Storia contemporanea presso la Universidad Autónoma de Madrid (2012). È stato autore e conduttore del programma Le Città invisibili (Radio Rai Sardegna, 2012) e tra gli autori del programma Futuro antiguo (Radio Nacional Argentina, 2007). Scrive di storia della musica latinoamericana su il manifesto. Dal 2011 è docente del Laboratorio di Radio per il Master of Communication Design LABS presso l’Istituto Europeo di Design di Madrid. È stato corrispondente dall’America Latina per diverse riviste italiane. Nel 2005 ha occupato l’incarico di addetto stampa presso Nuova Scena – Teatro Stabile di Bologna.
Un’intervista che mi ha fatto Laura Fois su L’Universale.
La ringrazio.
In un’intervista via mail, il poeta spazia dall’arte alla situazione della cultura e della politica in Italia, mettendo due generazioni a confronto…
Se Serge Pey l’ha definito “uno fra i maggiori testimoni della poesia contemporanea”, per Jack Hirschman è “un poeta dell’esortazione, un anarchico con coscienza di livello culturalmente internazionale, ed una produzione di tale ispirazione e tanto catalisticamente avanti da essere progenitrice come lo sono stati Antonin Artaud in Francia e Julian Beck con il Living Theater negli U.S.A”. Alberto Masala non ha certo bisogno di presentazioni se non fosse tanto acclamato internazionalmente quanto sconosciuto in patria. Restio a pubblicare libri (anche se alla fine l’hanno convinto), testardo cultore e difensore della poesia orale in quanto sardo. “Non dimentico mai”, scrive nel suo blog, di provenire da una società che si è mantenuta attraverso la produzione orale”. Masala appartiene poi alla Beat Generation, perché la sua è anche poesia di rottura. Ha tradotto racconti inediti di Kerouac; di Hirschman e di Gregory Corso è un grande amico. Ad aprile di quest’anno, il suo capolavoro, “Alfabeto di strade (e altre vite)”, è stato mandato in ristampa a un anno dalla sua uscita. Negli Stati Uniti è andato a ruba. Alberto Masala è un poeta che vive di scrittura.
Di scrittura? La prima domanda mi è sorta spontanea, nella nostra lunga corrispondenza via mail. E anche se lui mi ha risposto dalla tastiera di un pc, a me è sembrato di non averle lette queste sue parole che seguono, ma di averle ascoltate. Perché ogni parola del poeta è voce, essenza che si propaga in chi non ha voce, e alfabeto di comunicazioni e significati che ti entrano in testa e restano, come la colonna sonora delle nostre vite.
Ancora »
lettera/poema, indirizzata a Bush prima che iniziasse la seconda guerra del Golfo, uscita soltanto negli USA con traduzione di Jack Hirschman
CC. Marimbo press
PO Box 933 – Berkeley, CA 94701-0933
ISBN 1-930903-17-0
un contratto editoriale vincola a non poter più fornire il testo italiano (che ora è contenuto in Alfabeto di strade) – contattami se vuoi averne un estratto…
In the Executioner’s House (in english)
l’ex Governatore della California.
Scritto per la raccolta Poesia a Bologna a cura di Giancarlo Sissa – ed. Gallo et Calzati, Bologna 2004
vent’anni di poesia a Bologna
Mi è stato chiesto di testimoniare, ma, purtroppo non ricordo quasi niente. E la logica non mi prepara alle domande perché ha deciso di non innamorarsi dei suoi padroni. Tutto è talmente sedimentato nel presente da sfuggire alla sfera della memoria per collocarsi in quella dell’esistenza. E dunque, non ricordo… ma vivo. E vive sono le immagini e le voci che ho sempre accanto. Farne una narrazione organica richiederebbe uno spazio davvero notevole, una testa che oggi non voglio avere, un libro intero. Quello che forse un giorno scriverò se sarò convinto che avrà una tale utilità da oltrepassare i pericoli di una sterile santificazione, se mi sentirò capace di tutelarne il racconto dall’orrore del museo, che sempre arriva ad espropriarne l’essenza, ad annichilirne la vita. E dalla storia, la gelida prostituta che aspetta i suoi morbosi clienti da soddisfare.
In questi ultimi vent’anni non ho fatto altro che vivere nella poesia. Negli anni precedenti nient’altro che prepararmi intensamente a questo.